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Non è L'Arena sospesa, Giletti si difende: "L'Italia non è pronta a certe verità"

Carmen Guadalaxara
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«Tutto si chiarirà al momento giusto», spiega Massimo Giletti dopo la decisione de La 7 di sospendere anticipatamente il programma «Non è l'Arena». Sulle motivazioni legate alla chiusura anticipata della trasmissione vige il massimo riserbo anche se il programma è finito sotto indagine dell'Antimafia di Firenze per le ospitate in «nero» di Salvatore Baiardo, l'ex gelataio, pregiudicato per favoreggiamento agli stragisti Graviano, che anticipava di qualche mese l’arresto di Matteo Messina Denaro, il boss latitante da 30 anni, ammanettato nel gennaio scorso dai carabinieri del Ros e dalla procura di Palermo. Baiardo, sempre giovedì, ha confermato, tuttavia, che i pagamenti ricevuti per la sua partecipazione al programma non parlando però di cifre: «Mi hanno pagato alcuni gettoni di presenza, ma tutto è stato fatturato, è tutto regolare, nessun pagamento è avvenuto in nero. I miei rapporti con Giletti si sono incrinati per altre questioni».

Non è chiaro, dunque, se la sospensione sia dovuta all'indagine della Direzione distrettuale fiorentina, che va avanti almeno dallo scorso dicembre e di cui è titolare il procuratore aggiunto Luca Tescaroli, lo stesso che lavora all'inchiesta sulle stragi di mafia del 1993 (sono indagati Sivio Berlusconi e Marcello Dell'Utri accusati di essere i mandanti esterni ndr).

Nelle ultime ore è trapelata la notizia che sarebbe stato l’ex agente Fabrizio Corona a vendere, tramite un’agenzia, alla trasmissione le chat audio tra Matteo Messina Denaro e due pazienti conosciute durante la chemioterapia. Le pazienti non conoscevano la vera identità del padrino che aveva detto di chiamarsi Andrea Bonafede. Corona ha poi incontrato in Sicilia il suo tramite per avere gli audio poi venduti a «Non è l’Arena». La decisione di ospitare Baiardo anche se ha creato dissapori fuori e dentro l'azienda, non sarebbe comunque alla base della decisione di sospendere il talk. Il contratto che legava Giletti a La7 si sarebbe concluso a fine stagione. «Ognuno ha la sua versione - ribadisce Giletti - L’unico rammarico è per i 35 che lavorano con me e si ritrovano ora sbattuti fuori dopo 6 anni. Io ho le spalle larghe, penso solo a loro». E poi smentisce categoricamente le voci di perquisizioni nella sua abitazione circolate per tutta la giornata di giovedì: «È tutto falso, non c'è stata nessuna perquisizione. Nessuna notifica delle forze dell'ordine, nulla di nulla. Del resto era tutto facilmente verificabile e riscontrabile».

Un'altra smentita, è arrivata ieri, del direttore di Rai Radio, Roberto Sergio, circa suoi presunti incontri con il conduttore. «C'è stato solo un breve scambio di saluti con il giornalista nel pomeriggio del 10 gennaio in occasione della conferenza stampa di presentazione del programma Mixer tenutasi presso la sala A di via Asiago, sede di Rai Radio». A Valerio Staffelli, inviato di Striscia la notizia che è andato a consegnargli il Tapiro d'oro, Giletti ha detto scherzando: «Bisogna chiedere a Urbano Cairo il perché mi abbiano mandato via, forse l'ha fatto perché sono juventino. Magari vengo a Mediaset». E sullo speciale dedicato a Matteo Messina Denaro, il conduttore ha risposto: «L'Italia non è ancora pronta ad ascoltare certe verità, fa più comodo tenerle nei cassetti». 

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