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Guerra in Ucraina, Raggi vuole il referendum per fermare l'invio di armi

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Virginia Raggi alza la voce sulla guerra in Ucraina e sui rifornimenti militari che arrivano dall’Italia a Kiev per contrastare l’avanzata della Russia. “In questi giorni ho ricevuto una proposta dal Prof. Davide Tutino e dal Prof. Ugo Mattei, per collaborare e supportare la campagna referenderaria che partirà il 22 aprile in tutta Italia per chiedere con forza di fermare l’invio di armi verso Paesi belligeranti e di fermare, così, anche il crescente aumento delle spese militari e, per converso, di riportare la Sanità pubblica al centro delle scelte strategiche e degli investimenti sul comparto sanitario” l’annuncio sui social dell’ex sindaca di Roma e consigliera comunale del Movimento 5 Stelle.

 

 

“Credo che - ha detto ancora Raggi - in questo momento di crisi ‘partitica’, che ci restituisce dati drammatici sull’astensionismo elettorale, riportare le persone a confrontarsi nelle pubbliche piazze su temi reali, sia un fondamentale esercizio di democrazia e partecipazione di cui il nostro Paese ha davvero bisogno”.

 

 

I quesiti (due sulla guerra e uno sulla sanità) sono stati redatti e sostenuti da professori ordinari in materie giuridiche come Ugo Mattei, Alessandro Somma, Marina Calamo Specchia, Anna Maria Poggi, Sergio Foà, Luca Nivarra, Paolo Cappellini, Maurizio Borghi, dal magistrato emerito di Cassazione Giuseppina Leo, da Geminello Preterossi e Pasquale De Sena, entrambi membri della Commissione DuPre, dagli economisti Guido Viale e Vladimiro Giacchè, e ancora da Carlo Freccero, Vauro Senesi, Moni Ovadia, Franco Cardini, Marco Guzzi, dall’ex ambasciatore Alberto Bradanini e dai giornalisti Manlio Dinucci, Germana Leoni e Marinella Correggia e sono stati depositati in Cassazione il 2 marzo scorso. “Leggo che la peggiore sindaca di Roma dai tempi di Porsenna appoggia un referendum contro l’invio delle armi all’Ucraina. #slavaukraini” l’affondo su Twitter del senatore del Pd, Filippo Sensi, nel leggere la notizia. L’iniziativa di Raggi non piace proprio in casa dem.

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