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Otello Lupacchini su Emanuela Orlandi: “Tanto tuonò che alla fine piovve”

Otello Lupacchini
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Quest'antichissimo proverbio è la rappresentazione plastica di ciò che è successo nelle ultime ventiquattr'ore dentro le mura vaticane. Dopo anni, e nel quarantennale della scomparsa di Emanuela Orlandi, il promotore di giustizia, Alessandro Diddi, e la gendarmeria vaticana, hanno riaperto le indagini su uno dei misteri più oscuri della storia d'Italia. L'iniziativa parrebbe collocarsi nel solco della ricerca della verità e della trasparenza a tutti costi voluta da Papa Francesco, sembra muoversi sulla scia dell'attenzione mostrata per l'affaire Orlandi da Giovanni Paolo II, almeno a partire dal suo «appello» durante l'Angelus, a ufficializzare l'ipotesi del sequestro. Le nuove indagini sulla scomparsa di Emanuela potrebbero squarciare le tenebre che avvolgono anche l'altrettanto tragica scomparsa, sempre quarant'anni or sono, di Mirella Gregori, scomparsa anche lei quell'anno. Ovviamente la decisione della magistratura pontificia va ad inserirsi e supportare la disperata ricerca di verità reclamata dalla famiglia della quindicenne cittadina vaticana, che ha sempre strenuamente combattuto l'omertà che alimenta il mistero. Ovvio che sarà giocoforza ripartire dagli esiti fallimentari delle vecchie indagini, svolte faticosamente dall'autorità giudiziaria italiana, e rispetto alle quali, a torto o a ragione, si è spesso lamentata la mancata o, comunque, poco convinta collaborazione da Oltretevere, quale causa del conclamato insuccesso.

 

 

In ogni caso, dovranno ripercorrersi, con occhio critico e disincantato, le vecchie piste già infruttuosamente battute in questi decenni. Una domanda sorge, dunque spontanea: quali le ragioni e il senso della decisione, tanto improvvisa quanto inaspettata della magistratura vaticana? Per serietà, in mancanza di indicazioni al riguardo, possono farsi solo delle ipotesi. In particolare se ne prospetteranno due soltanto: quelle estreme, nello spazio fra le quali altre se ne potrebbero inserire, ma qui non se ne terrà conto. Nuove rivelazioni, docufiction di successo, piste inedite hanno senz'altro portato a riaccendere i riflettori terribile e misteriosa sparizione della giovanissima Emanuela, dopo che questi si erano spenti nell'ottobre del 2015, allorché il Gip di Roma, su richiesta della locale Procura e per mancanza di prove spendibili in dibattimento, archiviò l'ultima fra le tante inchieste sull'argomento, avviata in modo alquanto discutibile nel 2006 successivamente alle dichiarazioni di Sabrina Minardi, i cui interrogatori finivano inopinatamente, in tempo reale, a una ben precisa agenzia stampa e che vedeva sei indagati per concorso in omicidio e sequestro di persona, la quale, fra l'altro, tentò di chiarire, anche qui senza successo, i motivi della sepoltura nella basilica di Sant'Apollinare di Enrico "Renatino" De Pedis. Tre anni più tardi, nel 2018, il Vaticano, coerentemente alle indicazioni di trasparenza del Santo Padre, diede il via libera all'analisi del dna su alcune ossa ritrovate durante dei lavori di restauro nella sede della Nunziatura Vaticana di via Po, a Roma. Anche questa volta, le indagini, affidate dalla Santa Sede all'Italia, e in particolare alla Procura di Roma e alla Polizia scientifica, finalizzate a comparare quelle ossa con il codice genetico di Emanuela Orlandi, non sono approdate a risultati utili.

 

 

La prima ipotesi, la più ovvia, è che il promotore di giustizia abbia acquisito nuove informazioni, un «quid novi» su una delle piste seguite. Cosa che implicherebbe la volontà del Vaticano di fare tutto il possibile per dare nuovi impulsi alla ricerca di Emanuela, odi dare almeno una verità che tolga i dubbi, emersi nel tempo, circa la mancata collaborazione del Vaticano stesso. La seconda ipotesi è più temeraria, vale a dire che il Vaticano, sotto la pressione mediatica, voglia intestarsi la riapertura delle indagini per poter «gestire» al meglio le nuove piste asseritamente emerse, dando dimostrazione di aver fatto il possibile, e anche l'impossibile, per la soluzione del caso. Mettendo, in questo modo, la parola fine alle voci di un coinvolgimento diretto o indiretto delle istituzioni vaticane. Quale delle due strade è quella giusta, solo il tempo lo potrà dire. Non sarebbe serio, a oggi, dare delle certezze. Soprattutto nel doveroso rispetto degli odierni investiganti.

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