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Caso Msi, Enrico Mentana umilia la sinistra: "Come la favola al lupo al lupo"

Giada Oricchio
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Ignazio La Russa, presidente del Senato, ha festeggiato con un post social la fondazione del Movimento sociale italiano, costituito il 26 dicembre 1946. E con lui, Isabella Rauti, sottosegretaria alla Difesa. La sinistra ha chiesto le dimissioni di entrambi, in particolare il deputato dem, Stefano Vaccari, ha tuonato via Twitter: “Solo qualche giorno fa hanno giurato sulla Costituzione antifascista ed ora esaltano fondatori, nascita e storia del Msi. Isabella Rauti e Ignazio La Russa sono incompatibili con i loro ruoli di governo e istituzionali. Una deriva culturale inqualificabile”.

Ma è davvero una sorpresa? Uno smascheramento? Assolutamente no, secondo Enrico Mentana. In un lungo post Facebook e Instagram, il direttore del TgLA7 ha osservato: “Sembra un po' la favola di "Al lupo al lupo". Tutta la campagna elettorale a indicare il pericolo di una destra erede del Movimento Sociale Italiano, e poi le cose sono andate come sappiamo. Ora nuova ondata perché effettivamente i vincitori delle elezioni rivendicano quel passato”. 

 Dopo aver ricordato che il Msi è stato in parlamento per 38 anni (dalla nascita fino al passaggio a Alleanza Nazionale), che nel suo ultimo anno di vita prese il 31% alle elezioni comunali di Roma e che vinse le elezioni politiche alleandosi con Forza Italia e Lega, Mentana ha ribadito che La Russa è sempre La Russa: “La mia generazione lo ha visto agitatore di piazza neofascista, eletto di Msi, Alleanza Nazionale, Popolo delle Libertà, ministro della Difesa, poi in Fratelli d'Italia e ora presidente del Senato. Sempre gli stessi articoli su di lui, busto di Mussolini in casa compreso”. E allora cosa è cambiato dal 1994? “La novità è che quella destra ha vinto le elezioni”. Per il conduttore di “Bersaglio Mobile”, è venuto il momento di chiedersi come sia stato possibile e accende un faro su notisti, commentatori e avversari politici: “Cominciassero a trasferire la loro attenzione non su La Russa, Isabella Rauti, e nemmeno sulla vincitrice numero uno, Giorgia Meloni, ma sugli elettori che li hanno votati. (…). Dar dei fascisti a questi milioni di elettori è un po' più difficile”.

Enrico Mentana strappa il velo dell’ipocrisia e invita ad analizzare più seriamente “alcuni fatti scomodi ma evidenti e cioè che risultati alla mano, la destra piace più del centro destra, e che la sinistra piace sempre meno”. Per battere questa destra, non servono anatemi bensì “un'offerta politica migliore sulla scia di una diversa idea di futuro”.

Il commento del direttore di La7 si chiude con una potente scampanellata per la sinistra: “Vince chi convince di più, e poi governa. È tempo che gli sconfitti di oggi (e non solo) se lo mettano bene in testa. Siamo sempre lì: "what is left?" in inglese vuol dire "cosa è la sinistra?" ma anche "cosa è rimasto?". Servono idee più che persone, analisi autocritiche più che invettive, futuro più che nostalgia, politica innovativa più che corretta amministrazione”.

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