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Saviano querelato da Giorgia Meloni e la difesa della Sinistra

Arnaldo Magro
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«La querela a Saviano resta e non ho intenzione alcuna, di ritirarla». Si aggiungeranno capitoli nuovi, startene certi, nella querelle legata alla premier ed allo scrittore napoletano. La vicenda oramai nota un po' a tutti, è stata ricostruita ed analizzata in maniera puntuale, dal direttore su queste pagine, non più tardi di qualche giorno fa.

«Sono sotto attacco» scrive ancora Saviano. «Mi sento in pericolo così come temo, per l'incolumità , di coloro che mi vivono al fianco». Frase forte. Ad effetto. Che stia provando a giocarsi la carta del vittimismo Saviano? O ipotizza forse, una legio di meloniani ferventi, pronti a sopravanzare la scorta di cui dispone, per cantargliene quattro, in endecasillabi sciolti? Difficile anche solo da immaginare, come scenario. Vivendo in Italia e non a Kabul, dove il rischio più grande riscontrabile per strada, è quello dell'insulto sboccato e gratuito per una mancata precedenza. Nei suoi profili social, prova ugualmente ad aizzare il suo popolo. Ci prova ma non vi riesce granché. Sobilla quella intellighenzia settaria. In soccorso arriva pure l'anglosassone «Guardian».

Una sorta di stringiamoci a coorte, a favore del compagno Roberto. Roba forte. Brividi alle unghie. «Il presidente del consiglio mi porta in tribunale» dice Saviano. Ma anche qui, la ricostruzione dei fatti, come parte dei suoi scritti, non sono sinceri. La querela esposta è datata 2021, quando Meloni era ancora solitaria all'opposizione. Quando contava poco. Quando non ricopriva, il ruolo di premier. Quel «bastardi» urlato con veemenza in diretta televisiva, non rappresenta diritto di critica. E lui ben lo sa. Sarebbe bastato forse chiedere «scusa».

Ora spetterà invece ad un giudice valutare. Ma come dice Davide Vecchi, dovrebbe essere ugualmente contento Saviano, di poter argomentare il suo pensiero in tribunale. Non godrà certo di un processo sommario bensì di uno serio ed imparziale. Con tutti gli occhi addosso. La sua mediaticità schizzerà alle stelle. Mediaticità a caro prezzo però. Ma corra comunque il rischio. Ha accostato un personaggio politico alla foto di un bambino, attribuendogli de facto, la responsabilità del decesso. Ora corra il rischio che un giudice, possa ritenere quel fatto sanzionabile. E magari pensi anche solo per un attimo, a come può essersi sentito il destinatario di quell'insulto. Se può aver temuto per la propria incolumità e pure di chi le sta accanto. Ad esempio. E perché se in scrittura tutto vale, si finisce che nulla abbia più valore.

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