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Travolto dallo scandalo Soumahoro fa un passo indietro: “Ho commesso una leggerezza”

Dario Martini
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Aboubakar Soumahoro ha resistito per giorni. Ma alla fine ha ceduto. I leader dell'Alleanza Verdi-Sinistra, Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni, lo hanno costretto ad autosospendersi: «Siamo fiduciosi che chiarirà», hanno detto. La versione ufficiale è che la decisione è stata presa solo da lui, in totale autonomia. In realtà, i capi del "bipartito" che lo hanno portato in Parlamento sono rimasti molto delusi dal suo comportamento. Quando è scoppiato lo scandalo che ha travolto le cooperative della suocera impegnate nell'accoglienza dei migranti, in cui ha lavorato per anni anche la moglie, il paladino dei braccianti non ha fornito spiegazioni ai leader che gli hanno fornito su un piatto d'argento un seggio a Montecitorio. Si è limitato a un video su Facebook in cui, oltre ai singhiozzi e alle lacrime, forniva pochi chiarimenti (oggi giura che quel filmato non lo girerebbe più). Poi, quando non poteva più ignorare le forti pressioni politiche, ha accettato il confronto. Il primo incontro con Bonelli e Fratoianni, durato due ore, si è tenuto mercoledì scorso. Ma non è stato risolutivo. Tanto che ieri si sono visti di nuovo. Dopo altre cinque ore è stata presa la decisione dell'«autosospensione» dal gruppo della Camera.

 

 

È la stata l'occasione anche per concordare la linea da tenere nello studio di Piazza Pulita, dove Soumahoro si è presentato ieri sera. Il parlamentare ha dato la sua versione sull'inchiesta che riguarda sua suocera Marie Therese Mukamitsindo, amministratrice della coop Karibu (in cui la moglie Liliane Murekatete è stata presidente), accusata di malversazione. La situazione è esplosa quando sono iniziate a "piovere" le denunce dei dipendenti delle coop (oltre alla Karibu c'è anche il Consorzio Aid) che lamentano il mancato pagamento degli stipendi. Negli ultimi giorni l'attenzione si è spostata sulla Lega dei braccianti, il sindacato fondato da Soumahoro. Alcuni suoi ex soci lo accusano di aver trattenuto per sé i soldi destinati ai profughi. La sua difesa arriva davanti a La7. Incalzato dalle domande di Corrado Formigli, inizia ricordando che «la gestione del centro d'accoglienza» che fa capo a sua suocera «è di una ventina d'anni fa», mentre lui ha conosciuto la sua compagna solo nel 2018. Poi aggiunge: «A me risultava che la cooperativa era virtuosa».

 

 

A questo punto, Soumahoro fa un'ammissione importante: «Mia moglie mi informò che c'erano stipendi non pagati. Quando le ho chiesto il motivo, mi ha risposto che c'erano ritardi nei pagamenti da parte della pubblica amministrazione. Ma è vero, ho commesso una leggerezza, avrei dovuto fare meno viaggi e stare accanto a quei lavoratori». Soumahoro ammette di essere stato in uno dei centri della suocera, ma ciò vide allora «non corrispondeva alle denunce che stanno emergendo oggi», ovvero situazioni al limite, con i migranti costretti a vivere senza cibo, luce e acqua. «Chi ha sbagliato ne dovrà rispondere - aggiunge - Se avessi saputo di un'indagine non mi sarei candidato. Il mio sbaglio è stato di non aver approfondito. Non me lo perdono». Infine, il lato privato: «Ho chiesto il perché di tutta questa situazione a mia moglie. E dico: di fronte a cose del genere non c'è legame familiare che tenga».

 

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