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Di Maio, la critica feroce della fidanzata Virginia Saba: perché dici questo

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Il ministro degli Esteri Luigi Di Maio si è dissolto nelle urne, in Parlamento e sui social dove ha chiuso i suoi profili. Sta riordinando le idee dopo la batosta di “Impegno civico” che ha raccolto lo 0,6% dei consensi, insufficienti a garantirgli l’ingresso alla Camera dei Deputati.

Dell’ex leader del M5s si sono perse le tracce, della sua fidanzata Virginia Saba no. Se le influencer o presunte tali pubblicano foto di seno e lato B per “dar forza” ai loro pensieri profondi (anche se non si capisce mai il nesso), la graziosa studentessa di Teologia ha preferito postare sul proprio profilo Instagram un selfie filtrato accompagnato da un criptico post di citazione kantiana (le influencer “Due secoli fa qualcuno con tanta fiducia negli esseri umani era convinto che fossimo in una fase di “rischiaramento”. Cioè che l’uomo fosse in uscita dallo stato di minorità al quale colpevolmente si relega per pigrizia. Oggi invece più che mai, l’uomo, più che affidarsi alla ragione, cerca il genio, la guida, il precetto, qualcuno che gli dica cosa credere e come comportarsi. Lo showman, l’urlatore, l’influencer, il leader, il santone: tutti coloro che usano più o meno consapevoli precetti e slogan sufficienti a creare un seguito. I followers”.

Una critica alla società, ai tempi moderni, al pensiero preconfezionato, se abbiamo capito bene. E prosegue: “L’importante in fondo è non pensare, non faticare, ma comprare pensieri già pronti. In giro (fate una prova!) è pieno di persone che dicono le stesse cose, incapaci di formulare ragionamenti, che ripetono cose che dicono altri”.

Un j’accuse generalizzato al popolo italiano: “Provate a chiedere alla gente: perché dici questo? Cosa vuol dire quest’altro? Di cosa stai parlando? Riceverete spesso solo risposte confuse e ricche di fallacie, cioè errori di logica” scrive Saba concludendo: “Perché quando la ragione muore, muore anche il linguaggio. Subentra l’esaltazione (!) al posto della moderazione, la superstizione al posto della logica, il libertinismo (mancanza di una struttura morale e dunque anche cattiveria) al posto della libertà (che è autonomia della volontà e tendenza a non calpestare mai il prossimo secondo le famose massime)”.

E alla fine, la consulente filosofica rivela: “Quell’uomo che pensava che stessimo abbandonando lo stato di minorità era Kant. Mi domando oggi cosa direbbe. Ho provato a immaginarlo”.  Gli hashtag sono minorità, consenso, guru, illuminazione, ragione e viene naturale chiedersi: a chi si riferisce? Al risultato delle elezioni? Alla vittoria di Giorgia Meloni che sostituirebbe la moderazione con l’esaltazione? Agli italiani schiavi dei pensieri altrui e pertanto in perenne ricerca di un eroe salvifico o falsi idoli? Non tutti i follower hanno compreso testo e sottotesto, molti l’hanno pungolata su Di Maio e altri le hanno consigliato: “parla come mangi”.
G.O.

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