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Xi Jinping e Putin, l'analisi di Dario Fabbri: cos'è cambiato tra Cina e Russia

Giada Oricchio
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Come è andato il tanto atteso incontro tra il presidente russo Vladimir Putin e il presidente cinese Xi Jinping al vertice dell'Organizzazione per la cooperazione di Shanghai (SCO) a Samarcanda in Uzbekistan? Cosa si nasconde dietro i sorrisi di facciata e le strette di mano alla luce dell’andamento della guerra in Ucraina? Lo ha spiegato l’analista geopolitico Dario Fabbri, durante l’ultima puntata di Omnibus, il talk mattutino di LA7: “E’ venuta fuori in maniera evidente l’asimmetria di peso tra i due soggetti e quello che può essere il futuro della Russia”.

Il direttore della rivista “Domino” ha fatto un distinguo: “Sul piano tattico, nonostante l’umiliante sconfitta di questa settimana, i russi stanno vincendo perché occupano territori ucraini che non le appartenevano e finché non saranno cacciati, non si può dire che stiano perdendo. Sul piano strategico l’ha sta straperdendo perché si sta sgretolando l’immagine di potenza militare che induceva gli interlocutori a prendere la Russia sempre con le pinze. Restano le armi nucleari”.

Il fallimento della guerra lampo - assicurata da Putin a Xi Jinping a febbraio durante i Giochi olimpici invernali - ha fatto precipitare l’Orso in una situazione di medio periodo in cui gli Stati Uniti e gli alleati occidentali l’hanno chiuso sul piano gaserio ed energetico costringendolo a rivolgersi necessariamente alla Cina. Così la contesa isola di Taiwan è diventata centrale come l’Ucraina nel nuovo scacchiere geopolitico: “I russi dicono che Taiwan appartiene alla Repubblica popolare cinese, ma la Cina non fa lo stesso per la Russia, non dice ‘l’Ucraina, anzi troppo, la Crimea fa parte della Federazione russa. E questo dà idea dei rapporti diversi” ha detto lo studioso aggiungendo che durante il vertice a Samarcanda, Putin ha chiesto a Xi Jinping se li potesse “schermare in qualche modo” e la risposta è stata: “Noi rilanciamo la questione dell’ordine multipolare che vuol dire un cavolo, niente. Al massimo è la Cina che sfida gli USA e sfrutta la Russia come socio di minoranza, l’attirano a sé. Stop, non c’è altro. Non ci saranno armi per ora. C’è solo una vaghissima copertura diplomatica che non serve. Anche la prossemica della riunione racconta questo”.

Secondo Fabbri, la situazione per l’ex potenza imperiale è umiliante: “Siamo davanti a una Russia che si trova come socio di minoranza della Cina ed è un errore strategico perché un conto è avere a che fare con noi europei che non abbiamo mire egemoniche, perlomeno non smaccate, un conto con la Cina. Il confine con la Siberia è estremamente lungo e spopolato da parte russa. E la Cina, come tutti gli imperi ha la memoria molto lunga: considera i russi abusivi, europei che si sono trasferiti in Asia. Anche questo emerge dal faccia a faccia”.

In effetti, da molte foto del vertice, Vladimir Putin è sembrato ai margini, mai in prima fila con gli altri leader che spesso gli hanno voltato le spalle e mai ossequiato come un tempo (in uno scatto si vede che con sguardo da sottoposto fa di tutto per attirare l’attenzione di Xi Jinping, nda).

Adesso il grande rischio è il ricorso alle armi nucleari. Per Fabbri, in Russia sta crescendo molto l’opposizione contro il numero uno del Cremlino: gli apparati e i gruppi fortemente imperiali sono pronti a dire basta a Putin e alla sua operazione militare speciale, non per cercare la pace bensì per passare a un livello superiore: la guerra con mobilitazione generale e uso delle armi tattiche nucleari per radere al suolo il Paese di Zelensky. “Al momento non lo faranno, è troppo rischioso però ci sarà l’invio di nuovo personale per puntellare i territori occupati e concentrarsi sul Donbass che ancora oggi per un terzo è fuori dalla disponibilità dei russi” ha concluso Fabbri. E oggi il presidente americano Joe Biden, in un’intervista a “60 Minutes”, ha avvertito l’ex agente del KGB: “No a uso del nucleare. Se lo facesse il volto della guerra cambierebbe. La risposta americana sarebbe consequenziale”.

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