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Dario Franceschini e Tomaso Montanari, la breve tregua dopo le frizioni

Gianfranco Ferroni
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Al Collegio Romano ieri c’era Tomaso Montanari: lo storico dell’arte che doveva fare il ministro della Cultura (sulla sua competenza non ci sono dubbi) era nella sala Spadolini, accanto al titolare del dicastero Dario Franceschini, per partecipare alla «conferenza stampa di presentazione delle attività e dell'identità visiva del Museo Ginori». Montanari è non solo un rettore universitario, perché ricopre anche la carica di presidente della Fondazione Museo «Archivio Richard-Ginori della Manifattura di Doccia». E in questa veste oltre che della missione del museo ha parlato di merchandising e biglietti di visita, per scuotere l’uditorio.

 

 

Franceschini voleva discutere di fondazioni pubbliche e private ma, da politico di lungo corso, si è fermato per sibilare una frase da incorniciare: «Non voglio interrompere questo momento di armonia con Montanari», sottolineando l’emozione «temporanea» della pace. Poi il ministro ha dato il via libera all’operazione: «Quella del Museo Ginori è una bella storia che, sono certo, sarà anche di grande successo. Intorno a questa collezione c’è stata una mobilitazione popolare vera e spontanea e questo succede spesso in Italia, quando il patrimonio culturale è vissuto come un pezzo irrinunciabile dell'identità locale. Proporrò al governo di stanziare, entro la fine di questa legislatura, i 5,5 milioni di euro che servono per arrivare alla conclusione dei lavori e all'apertura del museo». Ma si tratta di una proposta…

 

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