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Elezioni, “ma quale Ohio, questo è l'Abruzzo”. Paragone a valanga

Gianluigi Paragone
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Il provincialismo del giornalismo italiano sta tutto nelle metafore che costruisce, adesso per esempio va di moda questa cosa dell’Abruzzo come l’Ohio d’Italia. E già mi immagino a Penne o a Vasto, a Montesilvano o a Spoltore, a San Salvo o a Cocullo interrogarsi in casa se qualche parente fosse emigrato da quelle parti. Chissà se poi nelle redazioni centrali da dove sono partiti inviati e giornalisti per raccontare il rush finale di questa campagna elettorale sanno che a Penne la Brioni ha voluto una scuola superiore di sartoria per insegnare il metodo Brioniref: un abito d’alta raffinatezza con dodicimila punti, di cui solo una minima parte visibile nella parte esterna, per un lavoro che passa dalle mani di duecento persone. Artigianato in purezza. Oppure che a Cocullo il primo maggio si porta in processione la statua di san Domenico avvolta da serpenti che uomini, donne e bambini maneggiano con naturalezza, tenendo in vita una tradizione centenaria che mescola il sacro con il profano. È una delle tante feste popolari che fanno dell’Italia un palcoscenico unico e straordinario: glielo dico spesso a Sangiuliano nella speranza che questo patrimonio sia maggiormente valorizzato e finanziato anche dal suo ministero; perché questo mi aspetto da una cultura di centrodestra, conservatrice e identitaria.

 

 

 

L’Abruzzo non è l’Ohio, è magnificamente l’Abruzzo. E oggi si vota per decidere se il presidente uscite Marco Marsilio è degno della riconferma, se ha governato bene, se è stato capace oppure no. Tutto qui. Agli abruzzesi non interessa sapere se ci saranno smottamenti governativi dal loro voto perché sono straconvinto che nelle province dell’Aquila, di Pescara, di Teramo, di Chieti non gliene frega nulla degli equilibri interni alla maggioranza, piuttosto vogliono capire su quali linee si sviluppa il futuro di questa terra affascinante e caparbia, di pastori e stilisti, dove si guarda la montagna dal mare, dove l’economia necessita di un sostegno forte per evitare che la crisi si mangi quel che resta di un tessuto imprenditoriale sano. E poi la sanità che significa dire basta a finte riorganizzazioni che nascondono tagli.

 

 

Su questo io sono categorico: è colpa del centrosinistra se la sanità italiana da decenni subisce tagli e false riorganizzazioni; è colpa dei suoi anni di governo o di sostegno a quei governi tecnici sempre così sensibili agli ordini di Bruxelles di tagliare, tagliare e ancora tagliare. Il centrodestra deve capire la lezione: una sanità efficiente «è» la priorità! Il candidato del centrosinistra Luciano D’Amico ha puntato sulla «romanità» di Marsilio e del suo andirivieni: io credo che se uno è bravo me lo tengo. Anche se arriva da fuori. Il tema è questo: il presidente uscente ha governato bene, sì o no? Da quel che sento i giudizi sono positivi. Certo, c’è ancora molto da fare per completare la conversione di una regione che non può puntare a sviluppare aziende, turismo e cultura con infrastrutture deboli o con una rete sanitaria da difendere e potenziare quando nel periodo estivo alcuni centri triplicano gli abitanti. Marsilio ha puntato su questo. Oggi il suo lavoro sarà valutato, guardando non all’Ohio ma al solo interesse abruzzese.

 

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