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Ghali e stop al genocidio, le sinistre stanno sempre dalla parte sbagliata

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Cicisbeo
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«Stop genocidio», «Cessate il fuoco» e bandiere della Palestina: l’ultima serata del Festival di Sanremo, tra Ariston e collegamenti con la Costa Smeralda, si è risolta in un inaudito attacco a Israele, e il Tempo lo ha giustamente definito «Il Festival di Hamas». Sul palco si sono infatti susseguiti gli appelli pacifisti a senso unico dopo che nella puntata inaugurale Dargen D'Amico aveva urlato lo stop ai bombardamenti nella Striscia di Gaza. Per non parlare del testo della canzone di Ghali («Ma, come fate a dire che qui è tutto normale| Per tracciare un confine| Con linee immaginarie bombardate un ospedale| Per un pezzo di terra o per un pezzo di pane| Non c'è mai pace»).

 

 

Un implicito riferimento a Gaza che ha provocato la ferma reazione della comunità ebraica «Un'esibizione che ha ferito molti spettatori. Ghali ha proposto una canzone per gli abitanti di Gaza, ma a differenza di Ghali non possiamo dimenticare che questa terribile guerra è il prodotto di quanto successo il 7 ottobre». Già, nessuno di questi pseudo-intellettuali della canzone ha pronunciato una sola parola contro il pogrom nei kibbutz perpetrato dai terroristi di Hamas. Ma il peggio doveva ancora venire: nel pomeriggio di domenica i soliti noti pretendevano di trasformare Domenica in in una tribuna politica a proprio uso e consumo e senza contraddittorio, con Mara Venier che, in evidente imbarazzo, ha ricordato come fossero stati invitati lì per cantare. Apriti cielo: la sinistra è subito insorta tacciando la conduttrice di essere il braccio armato della censura Rai. Roba da non credere, sinceramente.

 

 

Il Pd padrone della tv pubblica per decenni, dopo la pagliacciata della manifestazione sotto la Rai si è messo in prima fila per gridare al regime. Per avere un’idea del nuovo gruppo dirigente del Nazareno, riporto integralmente cos’ha scritto uno dei principali collaboratori della Schlein, Marfo Furfaro: «La Rai è di tutti, è servizio pubblico, è e deve essere una piazza libera dove gli artisti possano dire ciò che pensano senza censure. Che ci piaccia o meno. Perché le persone non sono stupide, giudicheranno loro senza il filtro della propaganda di regime. Lo schifo andato oggi in onda, le pressioni sugli artisti, gli imbarazzi, il comunicato della Rai, mostrano un Paese dove la stampa non è libera, gli artisti devono essere sottoposti al controllo di chi governa, la critica non è accettata. L'Italia merita di più, la libertà merita di più».

 

 

Ma, ohibò, io non riesco a capire per quale motivo Ghali e Dargen D’Amico abbiano avuto la libertà di esprimere più volte la loro posizione antiisraeliana mentre l’Amministratore delegato della Rai doveva tacere e Mara Venier rifiutare di leggere il comunicato dell’azienda che esprimeva solidarietà agli ostaggi ebrei. La libertà di opinione non vale per loro? Evidentemente no, e la sinistra ha trovato in Ghali il suo nuovo eroe, convinta com’è che l’unica libertà da tutelare sia la propaganda pro-Hamas, e tutto il resto sarebbe censura. Diciamo le cose come stanno: sulla Tv di Stato la parola «genocidio», per il suo tragico significato storico, andrebbe usata cum grano salis, e il vero scandalo è attribuirla alla volontà del popolo israeliano che l’ha subita sulla propria pelle con sei milioni di morti. Ma l’estrema sinistra, tra centri sociali e collettivi studenteschi, ha organizzato manifestazioni e presidi davanti alle sedi Rai in mezza Italia per protesta contro la lettura del comunicato che condannava il pogrom di Hamas. La cosa grave è che, di fronte all’intervento della polizia, i Cinque Stelle – che extraparlamentari non sono - hanno subito denunciato «il clima irrespirabile di regime», a dimostrazione che le sinistre vecchie e nuove non cambiano mai: stanno sempre dalla parte sbagliata.

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