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Caro Gualtieri, lo sconcerto lo lasci ai romani

Gianluigi Paragone
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Prima di entrare nel merito della questione, mi limito a dire che vedere il sindaco Gualtieri scaldarsi per una nomina fa salire il sangue alla testa. A maggior ragione se si dice «sconcertato». «È un grande atto di arroganza. Una prepotenza politica che conferma il loro deficit istituzionale», risponde al giornalista di Repubblica che finalmente può fare uscire dalla naftalina l’ex ministro dell’Economia, dirottato controvoglia al Campidoglio. Lui si dice sconcertato? Lui parla di arroganza, di prepotenza politica e di deficit istituzionale? Lui?

Ma cos’altro deve accadere a Roma perché i romani possano essere guidati da una giunta minimamente in grado di prendere qualche decisione di livello su ciò che davvero impatta sulla vita della gente e non per le solite beghe di potere. Che trasforma in questioni di competenza. Infatti l’intervista prosegue così: «Per governare una Fondazione come quella di Roma che gestisce tre teatri, l’Argentina, l’India, villa Torlonia, e a cui si aggiungerà il Valle, serve un manager teatrale e non un regista come De Fusco. Perché sono teatri profondamente diversi tra loro e pertanto hanno bisogno di una progettualità distinta. De Fusco poggia la sua visione in un teatro molto tradizionale, che ha poco a che fare con la contemporaneità».

 

Se Gualtieri vuole occuparsi di cinema, teatro e arti varie (piacerebbe a tutti, a Robbé) lo dica chiaramente, non basta andare ai Golden Globes e farsi i selfie con Meryl Streep, Dua Lipa e William Dafoe: si dimette da sindaco e si costruisce un’altra posizione. Ma «indignarsi» perché la presidenza della Fondazione teatro di Roma è andata a persona scelta dalla destra, anche no... Onestamente no. C’è un problema di curriculum, di profilo? Ma a che titolo parla Gualtieri quando dove dove ti giri a Roma non c’è una sola persona che si voglia assumere la responsabilità di quel che accade? Gualtieri ha in tasca solo curricula per caselle di cinema e teatro? La Capitale merita risposte: abbiamo cantieri con segnaletiche che paiono il set smontato di un western, nel senso che sono fantasma; abbiamo montagne di rifiuti che fanno talmente schifo che nemmeno uno sceneggiatore trash saprebbe come trattarle; abbiamo aree verdi dove chi passeggia o chi corre deve schivare cumuli di spazzatura e bisognini di cani. Ce l’ha un manager lì? Abbiamo uffici pubblici, servizi che dipendono dall’amministrazione comunale dove se Gualtieri volesse farsi un’idea ogni tanto lo può fare, magari più con l’occhio del sindaco che con quello del regista neorealista. Ecco, prima di parlare a Repubblica o altrove di nomine e profili manageriali sarebbe più salutare farsi sentire e farsi vedere sulle questioni che contano nello sviluppo di Roma. Lo ripeto, è davvero «sconcertante» (lo diciamo noi) sentire che Gualtieri si arrabbi per una nomina di un regista. 

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