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Bolla immobiliare, il rischio nelle periferie di Roma e di Milano

Bruno Villois
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Il tema del potere di acquisto ha sempre più a che fare con il prezzo delle case, sia per acquistarle che, anche o meglio, soprattutto per affittarle. Le statistiche dicono che le famiglie italiane nella misura di circa i 2/3 sono proprietari di casa, ma è proprio questa percentuale che è una parziale verità, infatti almeno una famiglia su 6 possiede una seconda casa e una ogni 20 di case ne possiede più di due, dati che emergono facilmente dai pagamenti dell’Imu e dal numero di abitanti che risiedono nelle località di vacanza. Del problema costo case e perdita di circa 1/5 del potere di acquisto dovuto all’inflazione, sono vittima essenzialmente i residenti nei capoluoghi di provincia e in particolare modo nelle città metropolitane di Roma e Milano, che sono circa 7 milioni di persone. Le differenze sostanziali tra Milano e Roma sono particolarmente rilevanti. Milano si sta riprendendo dalle abbuffate di fine anno e del successivo mini letargo, l’orizzonte socio-economico sembra essere sereno, con punte di entusiasmo. Roma convive con problemi irrisolti da decenni e, nonostante sia il centro decisore politico del Paese, non riesce a trovare un bandolo della matassa che le consenta di trovare un piano che le dia la possibilità di affermarsi, senza si e senza ma, nel ruolo che le attribuisce la storia moderna, quella di essere capitale mondiale dell’attrattività.

 

I numeri del turismo lo confermano, ma a porlo a rischio sono le carenze dei servizi di ogni genere, di cui la qualità è inversamente proporzionale al costo che i turismo subiscono. Milano ha un core multiplo e i servizi, pur avendo ancora carenze, hanno una ampia sufficienza. Per entrambi il costo immobiliare è a livelli insostenibili per un ampia fetta dei residenti, e interessa anche i turisti a causa del prezzo di alberghi e case vacanza. Il mercato immobiliare di entrambe le città del primo e secondo centro, e quindi anche degli hotel, quasi sempre di proprietà di soggetti terzi ai gestori, è in aumento e si riflette sui prezzi dei soggiorni, ma lo è purtroppo anche sempre più per le periferie. Milano giustifica gli aumenti per le ampie rigenerazioni di aree post industriali o dismesse, Roma viceversa non ha un vero motivo se non quello di una indotta speculazione. La crescita dei valori stimola numeriche si riversano sulle locazioni facendo diventare difficilmente possibile vivere a Milano e Roma anche per chi abbia un reddito netto almeno pari a quello procapite Istat, che si avvicina ai 40 mila euro a Milano e 1/3 in meno per Roma, un reddito che è il doppio della media nazionale perla prima e superiore del 25% per la seconda, e che è posseduto da una parte molto minoritaria dei residenti delle due metropoli.

 

Il rischio di una bolla speculativa, che non riguarda di certo i primi e secondi centri, ma interessa tutto il resto dei perimetri delle città metropolitane, è ormai possibile. L’incidenza che ha avuto la maxi inflazione sul potere di acquisto, per nulla controbilanciata da un aumento dei salari, rischia di funzionare da detonatore della bolla, non solo per il mercato delle vendite, ma anche per le locazioni, per le quali è difficile trovare qualcosa sotto le 1200 euro mese per Milano e 800 per Roma, spese e riscaldamento a parte. La corsa dei prezzi degli immobili e delle locazioni, non ha rallentato neppure durante il covid, mentre un iniziale rilassamento lo si è avvertito nel 2o semestre del ’23. L’economia milanese è solida e sovente audace, sa cogliere opportunità e cavalcarle come pochi altri in Europa, mentre è molto meno solida quella Romana, un bolla che interessi buona parte dei loro territori creerebbe incognite particolarmente complesse.

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