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Conte e Renzi avversari e nemici tra ipocrisia e coerenza

Alessandro Usai
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Elly Schlein ha sicuramente un merito: non è ipocrita. Tira dritto per la sua strada, spesso con qualche inciampo, cercando alleati durante questo suo tortuoso percorso. Ma non fa sconti: mi avete dato una missione su temi come diritti, ambiente, equità e lavoro e da questa linea non mi discosto. Apprezzabile chi difende le proprie idee, seppur non condivisibili, mantenendo una certa linearità nelle scelte. Non si può dire lo stesso di Giuseppe Conte che pur sbandierando la coerenza ha nei fatti dimostrato di tenere posizioni politiche diverse. Spesso agli antipodi. Gli esempi sono sotto gli occhi di tutti: nel Conte 1 ha varato i decreti sicurezza, nel Conte 2 li ha depennati. Porti chiusi con Salvini, porti aperti con il Pd. Ha aumentato la spesa militare per poi fare la battaglia inversa. Ora Conte e Schlein cercano alcuni punti di contatto, che non mancano, ma resta un abisso tra i due sul piano della coerenza.

 

 

Quando la Schlein alla direzione del Partito Democratico ha detto ai suoi: «Le cose che abbiamo in comune sono 4850», citando una canzone di Daniele Silvestri, forse poteva anche aggiungere che con Conte sono 4849. La Schlein è anche andata di persona a dare l’ultimo saluto ai funerali di Silvio Berlusconi. Un bel gesto, di umana solidarietà al netto delle legittime divergenze politiche. Un gesto di umanità, di profondo rispetto, senza bisogno di scomodare altri esempi del passato come la presenza di Almirante alle esequie di Berlinguer. Un gesto normale. Lo stesso non si può dire di Conte che ha scelto di disertare i funerali di Berlusconi. Le cronache raccontano che abbia preferito un pranzo di baccalà. Stesso copione, stavolta coerente se non altro, seguito in aula al Senato quando tutto il gruppo dei 5 stelle ha scelto di non prendere la parola durante il ricordo di Berlusconi. «Rispettiamo il cordoglio personale - ha detto Conte - ma siamo coerenti, il che significa anche non parlare in un momento commemorativo se non abbiamo niente da dire, rimarcando la distanza». Forse meglio così. Ma fa riflettere. Non c’era questa distanza quando pochi mesi fa 5 stelle e Forza Italia erano in maggioranza nello stesso governo Draghi. Non c’era questa distanza nel Consiglio dei Ministri quando i provvedimenti passavano all’unanimità. Ma sicuramente c’era una misteriosa coerenza anche in questo.

 

 

Berlusconi è stato eletto 3 volte presidente del Consiglio, gli italiani lo hanno scelto. Conte è approdato a Chigi in maniera legittima ma diversa. Tra ex premier era lecito aspettarsi un comportamento diverso. Quello che, ad esempio, ha tenuto Matteo Renzi: «È possibile avere un giudizio condiviso sulla figura di Silvio Berlusconi? No, è un dato di fatto. Come lo è anche la grandezza di una figura che ha segnato la storia politica come nessun altro. La sinistra deve riconoscere in Berlusconi un unicum. Una parte della sinistra ha pensato troppo a lui, e solo a lui in alcuni casi». Berlusconi non ha mai votato la fiducia al governo Renzi. Avversari ma mai nemici. Renzi su una cosa è certamente coerente: è sempre diverso da Conte.

 

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