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La deriva dell'uomo cibernetico: la libertà vale più di un chip nel cervello

Santi Bailor
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C’è un film di Luciano Salce, uscito più di quaranta anni fa, dal titolo «Vieni avanti cretino», che mette in scena una satira straordinaria per efficacia e attualità del rapporto fra l’uomo e la tecnologia. Lino Banfi interpreta un uomo assunto in un’azienda iper tecnologizzata. Il dirigente, accogliendolo, gli dice che hanno «le più sofisticate elaborazioni della cibernetica» ma che per loro «il bene più prezioso sono i nostri cari lavoratori». Finirà con Banfi travolto dalla supremazia delle macchine e col dirigente che ripete, come un robot, parole tipo «la sua soddisfazione è il nostro miglior premio». Quella memorabile pagina di cinema e di riflessione di Luciano Salce, ci è tornata alla mente in questi giorni leggendo una notizia arrivata dagli Usa: Neuralink, la società di neurotecnologie fondata da Elon Musk con l’obiettivo di sviluppare interfacce neurali impiantabili, ha annunciato di aver ottenuto l’autorizzazione della Food and Drug Administration americana per procedere al primo test su esseri umani.

 

 

L’obiettivo iniziale della società è di impiantare un’interfaccia neurale che consenta di restituire la vista e le capacità motorie a persone che ne sono prive. La società ha precisato di non aver ancora intrapreso la ricerca di volontari per la sperimentazione e gli scopi annunciati sono (ovviamente) a fin di bene. Ma poiché parliamo di tecnologie e di sperimentazioni potenti dove il mezzo (la tecnica) rischia - se non vigilata a dovere - d’esser più forte dell’uomo, è necessaria e non rinviabile una sottolineatura libertaria e umanistica su cui non solo gli Usa ma tutta l’umanità dovrebbe riflettere: la libertà vale assai più di un chip nel cervello, per cui attenzione (e la politica che fa le leggi deve esser la prima, ma non la sola, a fare attenzione, imponendo regole e controlli) alla deriva dell’uomo cibernetico. Sarebbe una iattura e non un progresso.

 

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