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Pnrr, ombre sul piano imposto dall'Ue. Paragone: “Scuse per mettere sotto attacco l'Italia”

Gianluigi Paragone
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Lo abbiamo sempre sostenuto e non arriviamo certo ora a denunciare il «peccato originale» del Pnrr: si trattava fin da subito dell’ennesimo meccanismo europeo per legare a sè gli Stati, fingendo di concedere soldi a copertura di interventi raccontati quotidianamente come strategici, moderni e irrinunciabili. Con il Pnrr l’Europa impone la sua visione futura, cancellando le identità profonde dei singoli stati; lo abbiamo visto con le macchine elettriche, le case green, le farine d’insetto o i cibi sintetici. Non mi stupisce che il fantomatico piano di ripresa arrivi a battere in testa già alle prime curve, in fin dei conti era nei loro auspici e forse persino nella loro tabella di marcia: il Pnrr sarà l’ennesima scusa per consentire ai falchi del nord Europa di riattaccare il ritornello contro il debito pubblico italiano, le riforme da fare, dell’Europa che ha dato più di quel che avrebbe dovuto e degli italiani incapaci. Il Pnrr è un mega finanziamento che si apre solo per le linee politiche decise dalla Commissione, digitalizzazione ed ecosostenibilità in testa. Così, pur di prendere quei soldi di cui tutti hanno bisogno, visto che non si batte chiodo da quando ci siamo fatti commissariare da Bruxelles in ogni modo (ora ci manca solo che il parlamento ratifichi il Mes e la frittata si completa), è partita la gara a immaginare progetti e fantasticare il futuro green e digitale, senza che ci fossero realmente le condizioni e le persone in grado di mettere a terra quella mole di piani.

 

 

Siamo in ritardo con la tabella di marcia non per colpa del governo Meloni ma perché nel tempo precedente il Conte 2 e il Draghi hanno assecondato l’idea di una ripartenza post emergenziale (pandemica, energetica e bellico) secondo il bancomat avvelenato dell’Europa come fosse l’unico rimedio e la sola panacea. L’Europa prima di darci lezioni riveli il business con Pfizer. Ora che capiamo che abbiamo progettato la qualunque pur di prendere i soldi, ci rendiamo conto di vivere in una situazione paradossale: le urgenze italiane restano sullo sfondo. È mai possibile che abbiamo pezzi di Italia da primato che crollano e non abbiamo i soldi per ristrutturare opere d’arte, edifici storici, borghi, ma ce ne danno per fare i musei e i percorsi digitali?

 

 

Ci stanno riprogrammando culturalmente sulle rivoluzioni verdi, ecosostenibili, ma non ci sono i soldi per tenere in piedi i paesi di montagna che sono un baluardo ecosostenibile più di qualsiasi corbelleria partorita dalla testa del vicepresidente delegato Fran Timmermans? E che dire di ospedali di grandissimo livello che avrebbero bisogno di finanziamenti importanti di manutenzione e di personale da assumere ma che restano fuori dal Pnrr? La verità è che questo piano di ripresa e resilienza (parola che divenne di moda salvo poi inabissarsi nuovamente) è un inutile abito standard con cui l’Europa ci rifila una fregatura imponendo la sua visione (che non può coincidere con la nostra), l’opposizione farà il solito giochino di sciocco fanatismo europeista e per il governo sarà una scalata obbligata. Verso una cima sbagliata.

 

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