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Valditara, la sinistra trasforma il ministro da vittima a carnefice

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Riccardo Mazzoni
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La sinistra non cambia mai: è dai tempi del Pci che modula l’indignazione a seconda delle convenienze, per cui se una minaccia arriva da destra è il fascismo che torna, mentre l’estremismo dei «ragazzi» di sinistra trova sempre un certo margine di comprensione, e quando è proprio indifendibile viene derubricato a semplice goliardata.

Premesso questo, non può esserci alcuna giustificazione per le violenze davanti al liceo Michelangelo di Firenze ad opera di esponenti di Azione studentesca: le indagini accerteranno se è stata una scellerata spedizione punitiva o se si è trattato di una rissa nata per il rifiuto di un volantino: in entrambi i casi vanno duramente condannati, perché il primo comandamento della politica è non rispondere mai alle provocazioni.

Lo dimostrano la campagna politica sapientemente orchestrata dal Pd e i titoloni apparsi per giorni sui giornali d’area, tutti con il denominatore comune dell’immanente rischio eversivo immancabilmente collegato alle responsabilità del governo di destracentro che guida il Paese: un sillogismo pavloviano che retaggio granitico di tutta la sinistra. In questo clima di mobilitazione studentesca, innescato dal caso Cospito e alimentato da una propaganda irresponsabilmente obliqua, è finito nel mirino il ministro Valditara, reo di aver proposto i lavori socialmente utili per i giovani protagonisti degli atti più gravi, e nei suoi confronti sono puntualmente spuntate minacce di morte sui social ora al vaglio della Digos di Torino: «Ho sognato questa notte le barricate in via Bologna. E la Digos qua non entra più, Valditara a testa in giù».

Ebbene, da sinistra neanche un cenno di solidarietà: la collaudata batteria di dichiarazioni, tutta improntata a mobilitare le masse studentesche con l’allarme del fascismo risorgente, si inceppa improvvisamente quando ad essere colpito è un avversario politico. Le minacce al ministro non fanno chiaramente gioco all’antifascismo militante, per cui vanno ignorate e oscurate, e anzi, quando Valditara ha definito «impropria e strumentale» la lettera agli studenti di una preside fiorentina, la macchina della disinformazione si è riattivata in tempo reale, trasformando la vittima in carnefice.

Quella lettera parte da una ricostruzione della nascita del fascismo molto superficiale («Il fascismo in Italia non è nato con le grandi adunate, ma ai bordi di un marciapiede qualunque»), col preciso intento di paragonare il deprecabilissimo episodio avvenuto davanti al liceo Michelangelo allo squadrismo nero del ’22, prefigurandone le stesse conseguenze politiche, senza spiegare le enormi differenze storiche fra la consolidata cultura democratica di oggi e l’Italia di un secolo fa, che rendono irrealistica una svolta autoritaria. Un’omissione certamente non dovuta a ignoranza storica, ma alla volontà ideologica di mettere in guardia studenti, docenti e genitori dalla intrinseca pericolosità del governo Meloni.

In questo senso, il passaggio più illuminante è quello finale: «Chi decanta il valore delle frontiere, chi onora il sangue degli avi in contrapposizione ai diversi, continuando ad alzare muri, va lasciato solo, chiamato con il suo nome, combattuto con le idee e con la cultura. Senza illudersi che questo disgustoso rigurgito passi da sé. Lo pensavano anche tanti italiani per bene cento anni fa ma non è andata così». Il retropensiero è ovvio, in linea con la narrazione di una sinistra che continua ad aggrapparsi all’antifascismo, paradigma fondante della Repubblica condiviso da tutti i partiti, usandolo come surrettizia arma politica per delegittimare gli avversari.

Per cui, innalzando la preside a sua nuova paladina, Pd e dintorni hanno iniziatoil tiro al bersaglio contro Valditara, accusato addirittura di attentare alla Costituzione antifascista, mentre il suo era solo un ragionevole invito a non gettare benzina ideologica sul fuoco, perché in Italia non è in atto alcuna svolta autoritaria, e difendere le frontiere è un dovere degli Stati che non ha nulla ache vedere col ritorno al fascismo. La grande maggioranza degli italiani ne è consapevole da tempo, ma la sinistra - sconfitta democraticamente nelle urne-non si rassegna, continuando ad agitare i fantasmi di un passato fortunatamente sepolto. 

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