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Con l'auto elettrica l'Europa fa ricca la Cina

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Gianluigi Paragone
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Perché siamo entrati nella modadell’elettrico? Perché lo vogliono le grandi multinazionali, che ovviamente avevano preparato con cura una esigenza e una moda, una aspettativa e una offerta. La nuova frontiera industriale: tutto deve convergere sull’elettrico, tutto deve essere convertito in elettrico. C’era o c’è una domanda di mercato così accentuata, rispetto ai piani di investimento dei top player dell’automotive? Certo che no. Quindi andava creata, facendo leva su una esigenza e allo stesso tempo su un nuovo stile di vita, una moda. L’esigenza ovviamente era ed è abbinata alla grande emergenza climatica, che poi così grande non dev’essere visto che la Cina (ma pure l’America non scherza) inquina che è una meraviglia. Nel regno del Dragone, l’ecosostenibilità è uno iota nell’agenda di crescita e sviluppo programmata dal partito: da quando la Cina è entrata nel Wto la questione è sempre molto relativa, perché nessuno può seriamente pensare di fermare Xi Jinping.

 

Eppure, con una Cina campione globale di dumping ambientale, che si inventa l’Europa? Lo stop alle auto a benzina, diesel e pure ibride. Tié. Per fare posto alle macchine elettriche, fabbricate per lo più in Asia e alimentate da batterie made in China. Doppio Tié.

Magari tra qualche tempo verranno fuori mazzette e tangenti per favorire questo switch industriale, a meno che non si smarriscano gli sms dei papaveri di Bruxelles. Talvolta capita, ne sa qualcosa la sventurata Ursula Von Der Leyen (nella foto) alla quale tocca ora pure difendersi dalle accuse e dalla denuncia del New York Times per i messaggini con Albert Bourla, gran capoccia di Pfizer. (È strano che tocchi a un giornale americano fare quello che i giornaloni europei non fanno...) In attesa di quel tempo, il mercato imboccherà la strada a senso unico dell’elettrico mettendo fuori carreggiata levetture spinte dai motori. Elenco alcune, poche, considerazioni che butto lì prendendo spunto dalla propaganda green.

 

1. «Non è vero che spingono solo l’elettrico: la norma include anche l’idrogeno e biocarburanti». Vero, ma è noto a tutti che l’idrogeno è una opzione su cui le divisioni ricerca e sviluppo di alcune grandi casi automobilistiche si erano già concentrate con risultati ancora poco soddisfacenti: l’ultimo restyling della Toyota Prius di fatto recupera lo stile della sorella a idrogeno Mirai, vettura più croce che delizia della casa giapponese. Diciamo dunque che l’idrogeno così come i carburanti green sono stati inseriti per lo più come foglia di fico per evitare che il gioco dei lobbisti fosse ancor più evidente di quel che già sia.

2. L’esigenza di far fronte alle emissioni di anidride carbonica e rispettare il programma di riduzione (agenda Fit for 55) non poteva che passare da una forzatura. Certo, è sempre così: si va avanti a spallate, a colpi di forzature. Che fanno ricchissimi pochi e impoveriscono tantissimi. Il miracolo della motor valley italiana, i distretti e le filiere produttive impegnate nella componentistica dei motori, salteranno come birilli e la riconversione non coprirà affatto quei buchi occupazionali, imprenditoriali e pure bancari (gli investimenti attuali rischiano di diventare sofferenze). Chiudere fabbriche e impoverire distretti produttivi significa anche perdere un patrimonio di conoscenza, esperienza, tradizione nel settore dell’automotive che i mercati globali ci riconoscono da tempo. Non da ultimo entreranno in crisi tutti quei comparti che, dalle utensilerie meccaniche ai cuscinetti, aggregano fatturato. Con l’occasione saluto anche il mio amico meccanico: Peppe, non andare avanti con la trattativa per l’acquisto del capannone, te lo chiede l’Europa.

 

3. Sul versante dei consumatori, la macchina elettrica per legge imporrà a chiunque il cambio di vettura e poco importa se potrai permettertela oppure no, lo devi fare punto e basta. Se non hai soldi, ti puoi indebitare: tanto ogni grande gruppo automobilistico ha in casa la sua finanziaria. Anzi, i soldi ormai li fanno più con la finanza che con le auto, le quali ormai entreranno in una grande catena produttiva in mano a poche case automobilistiche.

4. «L’evoluzione verde è una priorità, altrimenti la pagheranno le prossime generazioni». Propaganda. Pura propaganda. Come dicevo prima, la Cina è tra i più grandi inquinatori globali eppure sarà tra le economie che più guadagneranno dalla conversione all’elettrico. Per produrre una batteria, il lavoro di estrazione dei minerali necessita un ciclo di consumo che di ecosostenibile ha ben poco. Rispetto ai giovani e alle generazioni future pensiamo di metterci a posto con la coscienza con un bell’ecolavaggio, intanto oggi gli abbiamo levato senso di responsabilità, diritti, sana competizione fatta di giusta ambizione. E pure libertà visto che di pari passo con le nuove vetture va anche il pieno controllo da remoto delle stesse.

5. Il pensiero dell’Europa è incentivare nuovi oggetti da vendere, è mettere a disposizione fonti di alimentazione delle vetture e cose simili: voglio vedere tra cinque anni che fine faranno le colonnine che usciranno dalle zone centrali delle città. Mi basta pensare che il noleggio di macchine, biciclette e monopattini oltre certe zone non va. Figuriamoci le colonnine di ricaricaveloce. Auguri. 

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