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Il consiglio di Paragone: Meloni non accetti i ricatti dell'Europa

Gianluigi Paragone
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In questi giorni il dibattito politico sembra concentrato sulle accise e sul balletto di dichiarazioni all'interno della maggioranza. Se ognuno dei partiti che sostengono il governo sente il bisogno di far conoscere ai cittadini le propria singola posizione è perché stiamo vivendo da anni una situazione di profondo disagio economico, caratterizzato da una lenta e progressiva erosione dei risparmi provati al fine di poter condurre la propria vita quotidiana. Insomma, i soldi scarseggiano, le entrate (per lo più dall'attività lavorativa) sono le stesse poche mentre le uscite aumentano: tasse, bollette, benzina, spesa alimentare e quant'altro. Sulle bollette il governo ha mantenuto la linea di Draghi e ha prorogato la copertura. Meno male perché quelle del gas non scendono e meno male che il clima ci sta graziando. In più ha agito il minimo consentito a favore delle partite iva e sul costo del lavoro: robetta ma quelli erano i margini. Sulle bollette ora capiremo quale testo sigilleranno nero su bianco dopo l'abbuffata di chiacchiere. Meno male che sulle cartelle esattoriali ha agito in maniera netta con il necessario tratto di penna perché nelle case degli italiani stanno arrivando avvisi di pagamento con interessi stellari da ogni livello.

 

 

Tra le gabelle da pagare ci sarebbero pure le multe ma parecchi sindaci si opporranno alla cancellazione e daranno la caccia ai cittadini. Lo dico con il solito piglio del bastian contrario: il 70 per cento delle multe è una vergognosa modalità attraverso la quale i Comuni fanno cassa. Le multe stanno diventando una tassa e non la mera infrazione del codice della strada. Non hanno i soldi sufficienti? Bene, all'inizio dell'anno stimano una cifra da incassare attraverso le contravvenzioni e poi sguinzagliano vigili e ausiliari come fossero gabellieri. Questo è il motivo per cui molti sindaci si opporranno al condono delle multe, perché altrimenti non chiudono i bilanci. Lo ripeto: io sto dalla parte di chi non paga e si oppone a tale gioco impari, violento e scorretto. Parcheggi liberi non ce ne sono; quelli a pagamento (a che tariffe!) se sgarri di 10 minuti e passa il vigile scatta la multa senza tolleranza; i limiti di velocità cominciano ad avere parametri al limite dell'assurdo (a Milano aumenteranno le zone a 30 km/h); gli autovelox sono piazzati per fare pesca a strascico visto che la tolleranza è ridicola. «Lo fanno per la nostra sicurezza», sostiene qualcuno. Fesseria colossale: i Comuni se ne fregano bellamente della nostra sicurezza come dimostrano i crateri nelle nostre strade che nessuno copre (sempre per mancanza di fondi), pur sapendo che chi va sulle due ruote rischia di finire all'ospedale e chi viaggia in auto rischia di dover rimettere mano a gomme e cerchioni per i danni subiti.

 

 

Insomma, a pagare è sempre il cittadino. Cui tolgono servizi, qualità, rispetto: ormai chiedere ed ottenere una informazione è impossibile: o devi stare dietro a voci elettroniche, o a call center oltre confine, o ti rimandano ai siti «Dove trova tutte le risposte». Buonanotte al secchio. Dunque, che fare se il problema sono i denari? Il governo a breve dovrà scegliere se raggranellare qualcosa in più da ripartire e farlo accettando i ricatti della solita Europa, oppure se andare al braccio di ferro risolutivo. Farsi dare i soldi da questa Europa significa accettarne il giogo, il sottile ricatto finanziario: oggi il Mes, ieri il Pnrr per cui devi pietire una logica riparametrazione finanziaria (aumenta tutto, dall'energia alle materie prime, come diavolo fai a stare dentro agli stanziamenti precedenti all'inflazione in corso?) o i fondi per la gestione dei migranti; ieri l'altro il Fiscal Compact, domani chissà quale altra gabbia ci caleranno addosso per sterilizzare le scelte dei governi e quindi le indicazioni del popolo sovrano. Continuare ad assecondare tutto, limiterà ogni spazio di cassa. L'alternativa? Crearne uno obbligando la Bce a tenersi in pancia i debiti che ha comprato negli ultimi dieci anni, cioè dal quantitative di Draghi per fare fronte alla crisi post Lehman Brothers. Altrimenti non ha senso continuare a drogarsi di retorica europeista perché oltre le belle parole c'è il baratro.

 

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