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Ultras, il pugno duro serve dal centro città agli stadi

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Mario Benedetto
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L'inciviltà degli scontri sull'autostrada fa tornare attuale, se mai fosse passata di moda, la questione sicurezza. Scontri degni delle peggiori battaglie ancestrali che farebbero specie persino alle tribù, quelle vere. Mentre a casa nostra continuano. Peraltro, spesso, anche senza lo sdegno che dovrebbero sollevare. Da qui vogliamo dirlo chiaramente: urgono pene severe, che tengano lontani non solo dagli stadi, ma anche da un quieto vivere sociale, chi mette a repentaglio proprio il benessere e la vita altrui. In questo caso, di quei passeggeri che avrebbero dovuto godere del diritto di viaggiare legittimamente su una strada senza vedersela sbarrata da gente travisata o armata. Siamo alla follia collettiva.

Che poi questo scenario venga associato allo sport rende il tutto ancora più paradossale. Vanno allontanate queste persone e questi comportamenti «tossici» da una disciplina basata su valori come lo spirito di condivisione, il sudore e il divertimento sano di chi vi assiste. Le città devono diventare un modello di convivenza, civile e multietnica, diversamente di quello che oggi spesso rappresentano, dagli stadi sino alle aree più centrali. Dai piccoli centri a (soprattutto) le grandi metropoli. E meraviglia, ripeto, la scarsa capacità o volontà di riconoscere il problema: non ci può essere soluzione senza prima accettarne la sua esistenza. Basterebbe il buon senso a certificarlo. Ma abbiamo anche i dati.

Leggevo giorni fa il commento di un raffinato e attento collega come Mattia Feltri, che intendeva rassicurarci proprio sulla sicurezza a partire dalla Capitale. Citando il caso della stazione Termini, teatro di un recente accoltellamento, quale luogo non curato ma, alla fine, non così insicuro. Uno «specchio» di Roma insomma. Veniva citato un dato tra tutti, quello sugli omicidi, rispetto al quale solo città come Porto e Madrid registrano tassi inferiori. Sarà così, ma prima degli omicidi ci sono molti altri reati e violenze che rappresentano minacce sgradevoli, per ogni cittadino e avventore.

Rimanendo comunque agli omicidi, il Viminale ci dice che dall'inizio dell'anno al 28 dicembre scorso sono stati 309 nel Paese. Rispetto allo scorso anno, si registra un aumento del 3%, così come nel numero delle vittime di genere femminile, che da 118 diventano 122. A Roma sono stati 26, ma 8 solo negli ultimo mese dello scorso anno, più un sequestro. Detto ciò, sono all'ordine del giorno fatti criminosi:® denunciatioltre 3.000 furti ogni centomila abitanti nello scorso anno, poi rapine (59,2) e spaccio di stupefacenti (84,3).

Con il 12% dei romani che dichiara di avere il «terrore» che la propria casa venga occupata. Da ultimo, un triste primato reso noto dal rapporto Ecomafia di Legambiente che decreta quella romana la peggior provincia italiana per numero di reati totali di smaltimento illecito dei rifiuti e contro la fauna. Dati che confermano un trend affine su scala nazionale, con +75% rapine e +65% tentati omicidi.

Purtroppo anche tra i minori denunciati e arrestati (+14,3%). Non a caso il ministro dell'interno si è detto preoccupato a seguito dei fatti del Senato e proprio della stazione Termini: bene fa a mettere la questione sicurezza al centro di un'agenda che riporti il benessere dei cittadini in testa a priorità che rischiano di finire in secondo piano a causa di certe visioni, forse troppo ottimistiche, se non più semplicemente ideologiche. 

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