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Il governo non sottovaluti il ritorno del Covid e dimostri responsabilità

Riccardo Mazzoni
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«La Cina è vicina» è il titolo di un film cult di Marco Bellocchio, e mai come in tempi di Covid ce ne siamo resi conto. La pandemia globale partì da Wuhan tre anni fa e oggi, a causa delle politiche sciagurate del regime comunista, il mondo è di nuovo in pericolo col rischio di dover fronteggiare nuove varianti impazzite del virus. La grottesca politica dello «zero contagi» e dei lockdown imposti manu militari è stata un fallimento totale, e la fragorosa retromarcia di questi giorni con un improvviso - e improvvido - «liberi tutti» ha provocato una catastrofe sanitaria di cui non conosceremo mai la vera entità, anche se, nonostante la ferrea censura, la situazione è già chiara: centinaia di milioni di contagi e ospedali al collasso. Alla base di questo disastro c'è stata una campagna vaccinale che ha penalizzato la fascia più fragile della popolazione, e soprattutto l'avere a disposizione un vaccino obsoleto e farlocco, a differenza di quelli a mRna prodotti in Occidente. È questo l'elemento chiave che dovrebbe indirizzare, ora più che mai, l'azione del nostro governo per arginare la nuova sindrome cinese, mantenendo alta la guardia pur nella consapevolezza che la situazione attuale è fortunatamente diversa da quella di due anni fa. Ma se oggi stiamo messi meglio, è grazie alla vaccinazione di massa pianificata dal generale Figliuolo, che nella mente di troppi italiani è solo un lontano e sgradito ricordo.

 

 

Per cui ha fatto bene la premier Meloni, ieri, a rivolgere «un invito più deciso» ad anziani e fragili perché facciano la quarta dose, che ad oggi ha coinvolto neanche il 30 per cento della platea interessata. Ed è confortante che, su input di Bertolaso dalla Lombardia, il ministro Schillaci abbia ordinato i tamponi per chi arriva da Oriente, chiedendo che la misura sia estesa subito anche a livello comunitario. Gli ultimi eventi, però, alimentano inevitabilmente i dubbi sull'opportunità del decreto appena approvato che sancisce in modo definitivo il reintegro dei medici no vax, alleggerisce la disciplina dell'isolamento per chi ha contratto il virus e abolisce l'obbligo del tampone e del green pass per chi entra nelle Rsa. E appaiono ancora più fondati i distinguo e le preoccupazioni espressi in proposito dalla presidente dei senatori di Forza Italia Ronzulli, che non lo votò. I primi casi sequenziati tra i passeggeri sbarcati a Malpensa dalla Cina sono varianti Omicron già presenti in Italia, e questo è un segnale confortante. Nessuno rimpiange la privazione della libertà che abbiamo conosciuto con i lockdown di Conte e Speranza, perché nuovi lockdown sarebbero insostenibili dal punto di vista economico-sociale e probabilmente inutili, come dimostra la deriva cinese. «Dobbiamo lavorare sulla responsabilità dei cittadini piuttosto che sulla coercizione» - ha detto la premier, puntando quindi su controlli, tamponi e mascherine. Tutto giusto, ma la campagna del governo sulla vaccinazione è stata finora estremamente blanda, accompagnata peraltro da provvedimenti e dichiarazioni che hanno oggettivamente diffuso nel Paese la sensazione che il Covid diventato endemico fosse un'emergenza di fatto superata, insieme ai vaccini. È necessario dunque cambiare passo, evitando di dare ulteriori sponde alla galassia no vax che, in coincidenza con il nuovo allarme Covid, è già tornata pesantemente in azione.

 

 

La salute pubblica vale molto più dei loro voti, e sono paradossali quelle campagne di stampa che si scagliano allo stesso modo contro i lockdown e contro i vaccini, ossia contro gli unici veri antidoti alle chiusure. In passato di errori ne sono stati commessi molti, ai tempi del governo rossogiallo, ma bisogna distinguere il grano dal loglio: il vituperato green pass, ad esempio, non è stato una barriera ideologica, bensì lo strumento - insieme ai vaccini - che ci ha consentito di affrontare la quarta ondata pandemica senza dover richiudere il Paese. E chi criticava l'obbligo vaccinale per gli over 50, come se fosse un'imposizione illiberale, fingeva di ignorare la realtà di allora, con le terapie intensive occupate al 90 per cento da pazienti no vax. Era il gennaio scorso, non un secolo fa, e una politica responsabile dovrebbe quindi rinfrescare la memoria all'opinione pubblica, a costo di prendersi qualche insulto sui social. La Cina è vicina, e il pericolo non è ancora alle spalle. Non c'è nulla di meno patriottico che fare da sponda ai nemici della scienza.

 

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