Cerca
Cerca
Edicola digitale
+

Oggi lo sostiene ma anche Bankitalia bocciava il reddito di cittadinanza

Riccardo Mazzoni
  • a
  • a
  • a

L'autonomia di Bankitalia è fuori discussione, ma in democrazia non esistono istituzioni insindacabili, e non è dunque lesa maestà segnalare la valenza politica del parere «tecnico» espresso nell'audizione parlamentare sulla legge di bilancio, anche sulla scorta delle perplessità di qualche autorevole commentatore secondo cui l'uscita in difesa del reddito di cittadinanza è stata un'invasione di campo, trattandosi di «una decisione politico-sociale». Per Bankitalia, senza il reddito di cittadinanza nel 2020 ci sarebbero stati un milione di poveri in più, e l'introduzione del sussidio grillino «è stata una tappa significativa nell'ammodernamento del welfare del nostro Paese». Non solo: anche se l'attuale assetto ha delle criticità, con la riforma prefigurata dal governo Meloni «c'è il rischio di un aumento della povertà». Una posizione di quasi totale condivisione del Reddito di cittadinanza, dunque, che segna però un sorprendente ribaltamento del parere espresso prima che fosse introdotto, ossia quando era solo parte del programma del Movimento Cinque Stelle. È vero che nel frattempo ci sono state due crisi epocali come la pandemia e la guerra, ma se una misura è concettualmente sbagliata dalle fondamenta, è difficile pensare che possa trasformarsi, senza essere profondamente rivista, in uno strumento salvifico e irriformabile.

 

 

La relazione che l'allora capo del Servizio Struttura economica presentò al Direttorio di Bankitalia definiva il reddito come «distorsivo e disincentivante» per il mercato occupazionale, rischiando seriamente di favorire il lavoro nero. Per cui, volendo ampliare gli strumenti di contrasto alla povertà, la strada più percorribile sarebbe stata semmai il potenziamento del Reddito d'inclusione, la misura anti-povertà introdotta dal governo Renzi - anch'essa non esente da criticità - che prevedeva un beneficio economico mensile e un progetto personalizzato di inclusione lavorativa sotto la regia dei servizi sociali dei Comuni. Per Bankitalia, il Reddito di cittadinanza, anziché sanare i difetti del Rei, ne accentuava gli effetti negativi, a partire dal fatto che gli incentivi per trovarsi autonomamente un lavoro sarebbero stati sovrastati dall'incentivo opposto a tenersi il sussidio statale, magari arrotondandolo con un lavoro pagato a nero. Il documento puntava anche il dito su quello che si sarebbe poi rivelato il fallimento più evidente del Rdc, ossia la difficoltà di attuare la «fase due» - la partecipazione a un programma di inserimento lavorativo e sociale - attraverso il potenziamento dei centri per l'impiego che in effetti non c'è mai stato, con l'aggiunta del flop dei navigator.

 

 

Non solo: «Il costo effettivo del RdC potrebbe rivelarsi più elevato di quanto stimato sulla base di modelli che non tengono conto delle reazioni comportamentali degli individui al variare delle politiche pubbliche». Ossia: con il reddito di cittadinanza chi, per necessità, è in cerca di occupazione per mancanza di reddito potrebbe decidere di accontentarsi dell'emolumento di Stato. Mai profezia fu più azzeccata, per cui è abbastanza surreale che ora, mentre il governo Meloni è impegnato a correggere le storture di un meccanismo che ha penalizzato le famiglie numerose e favorito troppi truffatori - rinviando peraltro la riforma complessiva al 2024- Bankitalia entri a gamba tesa per difendere un sussidio di cui aveva con lungimiranza individuato gli errori.

 

Dai blog