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Tetto al prezzo del gas, la difficile convergenza europea

Gaetano Massara
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Domani il Consiglio dei ministri Ue dell'energia discuterà l'ultima proposta di tetto al prezzo del gas avanzata dalla presidenza ceca. Il 18 ottobre la Commissione europea ha presentato una Proposta di Regolamento il cui articolo 23 prevedeva un tetto dinamico al prezzo fissato alla borsa olandese del gas, il Ttf.

Le pressioni della Germania, con margini di bilancio che le consentono di sussidiare i propri consumatori, e dei Paesi Bassi hanno indotto la Commissione a presentare una nuova Proposta di Regolamento che corregge l'articolo 23 della precedente Proposta sostituendo il termine «dinamico» con un tetto di prezzo fisso che si attiverebbe se il prezzo sui titoli future del mese prima supera 275 euro a MWh per due settimane e se il differenziale tra tale prezzo e quello del gas naturale liquefatto supera i 58 euro/MWh per 10 giorni. Meccanismo che non sarebbe scattato nemmeno nei giorni di picco dei prezzi di agosto, scatenando la sarcastica reazione di molti Stati. La soluzione di compromesso proposta dalla Cechia ridurrebbe il tetto a 220 euro/MWh, da attivarsi se tale prezzo venisse superato per cinque giorni e se la forbice tra Ttf e prezzo globale del gas naturale liquefatto superasse 35 euro/MWh.

Due i principali blocchi contrapposti. Italia e altri 11 Paesi propongono un tetto fisso a 160 euro/MWh oppure dinamico, soggetto a revisione mensile e legato a indici internazionali. Altri sei stati tra cui Germania e Paesi Bassi sono contrari all'idea di tetto in quanto minerebbe la sicurezza delle forniture se ci fossero acquirenti internazionali disposti a pagare un prezzo più elevato. Tuttavia, L'Aia ha fatto circolare una proposta di price cap dinamico limitato ai soli acquisti per gli stoccaggi. Quindi una convergenza su un tetto dinamico si potrà forse trovare.

Tuttavia, alcune osservazioni sono necessarie. Primo, esperti come Carlo Stagnaro e Gianclaudio Torlizzi fanno correttamente notare che un price cap limitato all'Ue, il cui consumo di gas pesa solo per il 19% del consumo globale, difficilmente potrebbe imporsi sulle forze della domanda e offerta internazionali di gas. Sebbene le forniture russe siano state sostituite per più di tre quarti, l'ammanco di gas russo terrà inevitabilmente i prezzi elevati fino a quando fornitori alternativi con riserve comparabili a quelle russe entreranno nel mercato.

Tuttavia, il significato del price cap non è esclusivamente economico. Esso ha anche una valenza politica in quanto vuole segnalare che l'Ue non è disposta a subire ricatti. Secondo, esiste un punto di equilibrio tra livello di tetto e necessaria riduzione dei consumi. Tanto più in basso viene fissato il tetto, tanto più velocemente esso verrà raggiunto e tanto maggiore sarà la domanda di gas da tagliare. Questo è un punto che il governo italiano deve essere pronto ad affrontare. Meglio iniziare subito con campagne di risparmio energetico.

Terzo, il price cap da solo non risolverebbe il problema del caro energia. Esso deve essere parte di un mix di misure, compreso il disaccoppiamento tra prezzo dell'elettricità da fonti rinnovabili e prezzo dell'elettricità da gas. Quarto, i differenti spazi fiscali di cui dispongono gli stati per erogare sussidi alle imprese possono incentivare comportamenti predatori suscettibili di mettere in crisi l'unità europea. Uno strumento europeo di debito fungerebbe da stanza di compensazione di questi differenti margini fiscali. Non andrebbero quindi biasimati quei governi europei che decidessero di condizionare l'approvazione dei regolamenti sulla solidarietà nelle forniture e sulla semplificazione delle procedure per gli impianti a fonte rinnovabile all'approvazione del price cap. 

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