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Via ogni ideologia dalla flat tax messa in campo dal nuovo governo

Mario Benedetto
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Nulla da fare, bisogna tornare sul lavoro e sul fisco, su alcuni aspetti che sembravano ormai chiari. Ovviamente si tratta di temi con cui si deve avere a che fare quotidianamente, ma alcuni elementi, alcuni fatti che sembravano acquisiti, purtroppo, tornano alla ribalta come fattori disputa. E da valore aggiunto diventano elementi di disparità. Come avrete capito, dunque, a tornare è anche la solita ideologia tribale, responsabile di queste interpretazioni, quantomai libere. Il caso specifico riguarda un commento, o peggio un tweet (con tutto il rispetto, l'analisi condotta a suon di post sta diventano ogni giorno di minore qualità) di un'esponente politica con «competenze» economiche. Non personalizzo la questione perché non passi la lettura del solito scontro individuale, anch'esso tribale, che in realtà non ha nulla di personale, ma tutto di sostanziale. La signora in questione contesta la nuova misura della flat tax grazie alla quale un professionista con ricavi pari a 85.000 euro pagherebbe alcune migliaia di euro di tasse in meno rispetto a un dipendente o un pensionato, interrogandosi sul senso della misura. Senza polemica, glielo spieghiamo qui, o almeno proviamo.

 

 

Intanto con professionista leggasi «partita iva», figura storicamente chiamata a confrontarsi con instabilità e incertezze. Tanto più di questi tempi. Fossero anche sugli 80.000 euro, chiariamo ancora una volta che questi fatturati hanno due caratteristiche precise: non sono sicuri, non sono da ricchi. Detto questo, cosa ci sarebbe di male nello sgravare di tasse un lavoratore di questo tipo, favorendo anche una sua azione «espansiva» grazie a un tetto superiore per l'aliquota agevolata? Nulla, è una misura da cui trae giovamento il professionista e, se vogliamo, il sistema tutto che beneficia dell'azione di un lavoratore che produce, non di un precario che frena. In secundis, al di là della comprensibilità dell'accostamento con il pensionato, quale sarebbe il danno recato al dipendente con l'introduzione di questa misura? Rispondiamo anche qui a colei che ci interroga: nessuno. Considerato anche che, se vogliamo, la maggiore pressione fiscale a carico del dipendente, con un differenziale minimo, verrebbe «riequilibrata» dalla garanzia della stabilità dell'occupazione.

 

 

Forse la partita iva è come «il militare»: farebbe bene un po' a tutti aprirla almeno una volta per capire con che stato d'animo si lavora in quelle condizioni. Altrimenti eccoci tornare di fronte all'ennesimo caso - e le cronache di queste ore ce ne raccontano di eclatanti - di coloro che ambiscono a rappresentare cittadini, persone, di cui non si conosce neppure l'esigenza più basilare.

 

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