Cortocircuito Ue sui migranti: la Commissione sconfessa Frontex
Il governo italiano sta predisponendo un piano per rendere strutturato l'intervento sulle Ong, riportando nelle mani dei prefetti multe e sequestri nei confronti delle navi che violeranno il divieto di ingresso - anche solo temporaneo - nelle acque territoriali italiane. L'attivismo delle Ong nel Mediterraneo è diventato terreno di scontro nell'Ue dai tempi della capitana Rackete, che arrivò a speronare una motovedetta della Guardia di Finanza senza che la magistratura lo giudicasse un reato. Il caso Ocean Viking, poi, ha portato Italia e Francia sull'orlo di una crisi diplomatica, mettendo a nudo la questione irrisolta dello Stato di primo approdo: «Se il Regolamento di Dublino fosse applicato davvero - ha spiegato un eminente giurista come il ministro Nordio - i migranti raccolti dalle navi Ong straniere dovrebbero esse portati, dopo i primi soccorsi urgenti, negli Stati di bandiera delle imbarcazioni, perché le navi sono Stati che galleggiano». Ma finora questo principio non ha mai trovato applicazione pratica perché è prevalsa l'interpretazione del «primo porto sicuro», che ha portato le navi a fare quasi sempre rotta verso l'Italia. L'altra questione controversa riguarda il ruolo che svolgono le Ong: un'azione umanitaria di salvataggio di naufraghi in difficoltà o anche di supporto ai traffici degli scafisti, contribuendo quindi indirettamente ad alimentare il mercimonio sulla pelle dei disperati?
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Ebbene: su questo punto cruciale la Commissione europea - in linea con Francia e Germania - ha appena ribadito una linea di totale apertura alle Ong: «Non facciamo differenze tra navi, c'è un obbligo giuridico chiaro e inequivoco: il salvataggio della vita umana deve esserci, quali che siano le circostanze che conducono le persone a trovarsi in una situazione di difficoltà». Una posizione, però, in palese contraddizione con l'ultimo rapporto di Frontex, l'agenzia deputata a tutelare la sicurezza dei confini comunitari secondo cui la presenza delle navi Ong costituisce un «fattore di attrazione» per i migranti che partono dalla Libia per raggiungere l'Italia, molti dei quali senza essere certi della loro presenza al largo rifiutano di partire. Non solo: le informazioni raccolte portano tutte alla presenza di reti criminali dietro i traffici dei migranti, con il coinvolgimento diretto delle milizie libiche. Ma l'orientamento dei vertici comunitari sembra andare sempre più nella direzione di modificare la missione originaria di Frontex in una sorta di agenzia per l'accoglienza dei migranti irregolari che si limiti a monitorare il rispetto dei loro diritti fondamentali da parte degli Stati frontalieri.
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Il vero problema che l'Ue non ha mai voluto affrontare, a causa dei diversi interessi in gioco fra i Paesi membri, è proprio la mancanza di una guardia di frontiera europea con precise regole d'ingaggio: l'approccio intergovernativo ha sempre fatto aggio insomma su quello comunitario. Per questo non si è mai riusciti neppure a superare la convenzione di Dublino in base al principio per cui non deve essere la condizione geografica di Paese più vicino a determinare tutti gli oneri dell'accoglienza, ma essendo il Paese di prima destinazione territorio europeo, tutta l'Europa si dovrebbe fare carico di una quota parte dei migranti, con ricollocamenti obbligatori e non facoltativi. Invece l'Italia è stata lasciata totalmente sola - lo ha riconosciuto ieri lo stesso Weber, presidente del Ppe - e dopo aver salvato decine di migliaia di persone in mare ora si ritrova sul banco degli accusati per aver posto il problema della solidarietà europea. Dopo il danno, la beffa.