Chi ha paura del reintegro dei medici sospesi? Paragone sbotta: polemiche inutili
L'anticipo di un mese del reintegro dei medici sospesi ha dato il via a un prevedibile codazzo di polemiche, polemiche che mi muovono dei dubbi che condivido coi lettori. Innanzitutto mi domando se le polemiche riguardino l'anticipo dei tempi o il reintegro come azione. Se fosse il solo anticipo non ravvedo il senso della critica, anzi evidenzio solo elementi positivi in quanto viene incontro alle carenze in organico: 4 mila sanitari che tornano in sala o in corsia sono un numero importante nel totale di una sanità pubblica costantemente in affanno di personale. Sempre che si voglia recuperare terreno a favore della sanità pubblica dopo decenni di tagli. Se al contrario le polemiche circa il reintegro non riguardassero i tempi dello stesso ma la misura in sé al netto del calendario, allora il problema cambia nettamente. Perché a quel punto la domanda sarebbe: chi ha paura di far tornare in corsia i medici che non si sono vaccinati?
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Si tratta di una paura che calerebbe come una minaccia sulla annunciata commissione d'inchiesta, il cui peso investigativo sta nella scrittura della norma che la istituisce così come nelle intenzioni politiche dei componenti. Le truppe di Forza Italia si sono caratterizzate immediatamente per l'attacco al provvedimento, capeggiate da Licia Ronzulli e seguite dai Mulé, Cattaneo e compagnia. I quali evidentemente hanno nostalgia di Roberto Speranza ministro e del governo Draghi (o del Conte 2, tanto è lo stesso) e ciò non è un bel segnale per la compattezza dell'esecutivo Meloni, a maggior ragione se a breve - come speriamo - arriverà anche il congelamento delle sanzioni contro gli over 50 resistenti al siero. Contro la misura del governo, per le stesse ragioni, si sono mossi anche molti medici e giornalisti, cioè il fronte dell'obbligo vaccinale. Si va da Galli a Bassetti se si guarda ai camici bianchi; dall'ex direttore del tguno Marcello Sorgi a Giovanni Floris se si guarda ai giornalisti. Tutti in coro: la scienza non può essere no vax pertanto «voglio sapere se il medico che mi sta curando sia un no vax o meno». Attenzione, non vogliono sapere se sia bravo oppure no: vogliono sapere se si è sottoposto all'obbligo per lavorare, che è cosa diversa dal riconoscimento della sua capacità.
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Conosco casi di medici che hanno salvato centinaia di persone che tutt'un tratto si sono viste discriminate (dagli stessi pazienti o dai parenti) per il solo fatto di aver sollevato critiche rispetto alla obbligatorietà. «Voglio sapere se è un no vax», pretendono. Insomma la ghettizzazione deve continuare, meglio se con un bel tratto distintivo di ghettizzazione. Torno così alla domanda provocatoria: chi ha paura del reintegro? La risposta che mi do è: hanno paura coloro che ora devono fare i conti con la testimonianza diretta di quei 4mila medici che, pur essendo scoperti dal vaccino, sono ora pienamente in servizio e godono pure di ottima salute, magari pur essendosi ammalati tempo prima. Non dovevano essere in rianimazione o magari morti? Non era questo il sillogismo? A quanto pare no, visto che finalmente possono tornare in corsia.
Quel che secondo me il blocco vaccinista teme è appunto la testimonianza di chi oggi può dire che ci si poteva opporre (pur pagando un prezzo altissimo, eccessivo) e che senza vaccino in corpo si sta bene. In taluni casi addirittura meglio di chi invece ha avuto reazioni avverse da vaccino ma non si vede riconoscere il danno perché si nasconde il nesso eziologico. Conosco medici non vaccinati che hanno ascoltato e stanno curando colleghi con reazioni avverse. «Parlano con noi perché temono di essere giudicati o segnalati all'ordine». E' giunto il tempo di ascoltare il punto di vista di chi osò opporsi: fa bene alla medicina perché non vi è scienza senza confronto, senza testimonianza, senza un incrocio delle esperienze. Col reintegro dei medici non vaccinati finalmente avremo la possibilità di incrociare le esperienze mediche e soprattutto di resettare quell'atteggiamento censorio e persecutorio con cui l'Ordine dei medici diventò parte del governo. A costo di sacrificare il senso della medicina.
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