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L'insopportabile spocchia degli inglesi: fanno i superiori pure se affondano

Pietro De Leo
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Ci risiamo, con quel veleno sotto la maschera del sorriso, che dietro la satira nasconde tanto tanto pregiudizio. Ne sparge ampie gocce l'Economist, magazine britannico mai troppo placido rispetto la politica e la società italiana. Vedasi, in archivio, la famosa copertina di qualche lustro fa in cui Berlusconi venne definito "unfit", non adatto al ruolo di Presidente del Consiglio. Stavolta, però, è diverso. Stavolta il grafico si è buttato nello stereotipo più dozzinale, quello dell'Italia pizza, pasta e tanto caos. E così, il Belpaese viene innalzato ad unità di misura dell'instabilità politica. In questa chiave di lettura viene così raffigurata in caricatura Liz Truss, Primo Ministro conservatore, con tanto di elmo di Scipio ed espressione accigliata. Regge con il braccio destro una pizza a mo' di scudo, da cui è caduto uno spicchio (tanto per sottolineare il senso di disfacimento). Il braccio sinistro, invece, impugna una mega forchetta a mo' di lancia su cui è attorcigliato un rocchetto di spaghetti. Titolo: «Welcome to Britaly», locuzione eloquente per sottolineare che, oramai, la Gran Bretagna si è trasfigurata nell'Italia, e non è un complimento.

 

 

L'ambasciatore italiano a Londra, Inigo Lambertini ha diramato una dichiarazione (rilanciata sui social da Giorgia Meloni), che con eleganza ed ironia spiega: «Sebbene spaghetti e pizza siano il cibo più ricercato al mondo, per la prossima copertina vi consigliamo di scegliere tra i nostri settori aerospaziale, biotecnologico, automobilistico o farmaceutico». Tornando alla copertina, mancava qualche riferimento alla mafia, pratica su cui è inarrivabile il tedesco Spiegel con la famosa fotografia, rimasta nella memoria collettiva, della P38 appoggiata sul un piatto di spaghetti (a riprova della scarsa conoscenza della materia dimenticarono la canonica salsa di pomodoro). E come non aggiungere, al campionario di malignità, lo spot televisivo della francese Canal + nelle prime settimane del Covid, con un pizzaiolo che sputava su una funghi e peperoni prima di servirla ai clienti? In quei giorni, drammatici, il virus veniva percepito solo come una questione per lo più cinese e di un'Italia incapace di fronteggiare l'emergenza. Poi si è visto com'è andata.

 

 

Perché, in fin dei conti, il tema è sempre quello: lo stereotipo è un comodo rifugio per buttarla in confusione. Magari abbassando l'intensità di un'autoanalisi che non farebbe mai male, prima di guardare in casa altrui. Nel caso specifico, quasi come una nemesi qualche ora dopo l'anticipazione della copertina dell'Economist Liz Truss si è dimessa, gravata dal frontale su progetto di riforma fiscale che ha rischiato di innescare uno tsnunami finanziario, indebolita irrimediabilmente dalle dimissioni di alcuni ministri e sconfessata dal suo partito in un voto sul fracking. Il suo gabinetto è durato appena 44 giorni. E a sua volta subentrò a quello di un Boris Johnson. Anch'egli "smontato" dall'addio di mezzo governo e per di più fiaccato dagli strascichi politico-giudiziari del «party gate», uno scandaletto non devastante (aperitivi interni a Downing Street durante il lockdown) ma sfruttato dagli avversari interni e dagli oppositori. E se si affiancano a tutto ciò un Macron con un supporto parlamentare flebile, un Biden la cui popolarità in caduta, unendo i puntini si ottiene una crisi politica assai diffusa nei governi occidentali. Un tema ben più profondo rispetto all'indigestione da spaghetti.

 

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