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Il naufragio di Letta è anche quello del suo partito: il Pd ha tradito i propri ideali

Riccardo Pedrizzi
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È finita come avevamo previsto pochi giorni fa su queste pagine con un risicato 18.30%, il risultato più basso mai registrato dal partito della sinistra. Una vera e propria debacle per il Pd; una figuraccia per Enrico Letta, il segretario che l'ha guidato a quella che avevamo pronosticato come una «Caporetto». Una debacle, una figuraccia, una caporetto che arriva per un partito, che è stato al governo per anni senza aver mai vinto un'elezione negli ultimi tempi, ma solo perché - se volessimo fare dell'ironia – sul colle del Quirinale sedeva un sovrano con l'hobby dell'ingegneria genetico-istituzionale, che era riuscito con ardite fecondazioni artificiali del Parlamento a dar vita a governi, senza nessuna legittimazione democratica, fecondando artificialmente maggioranze politiche innaturali. Rispettiamo troppo il Capo dello Stato per avanzare simili paragoni, anche perché sappiamo bene quanto contrario egli sia, per la sua formazione ed educazione cristiana, a pratiche genetiche contrarie alle leggi della natura e di Dio, ma non possiamo non rilevare come al Quirinale si sia sempre fatto di tutto per evitare che la parola - quella decisiva e definitiva, quella che poi conta in una democrazia vera che si rispetti, quella che realizza il dettato costituzionale che la sovranità spetta al popolo - che questa parola passasse agli elettori che sono poi gli unici legittimati a decidere chi governa e chi debba restare all'opposizione.

 

 

E l'ultimo esecutivo, definito dei «migliori» e presieduto da un tecnico ha confermato, peraltro, per la sua composizione, la tendenza di questi ultimi tempi a distribuire incarichi – non solo nel governo – tra banchieri con la giustificazione della grave situazione di emergenza, prima per la pandemia e poi per la guerra e per la evidente inadeguatezza dei partiti politici. Di questo governo l'elemento stabilizzatore trainante è stato proprio il Pd, che peraltro ha avuto a disposizione un blocco d'interessi e di potere, che ha condizionato attraverso la grande stampa, i circoli finanziari che contano, la cultura dominante, con il supporto di apparati dello Stato e dell'Unione Europea, la vita di tutti noi. Ciononostante con queste elezioni si chiude ingloriosamente un ciclo per questo partito della sinistra che era iniziato con il processo di avvicinamento alla social democrazia ed alla cultura laicista ed azionista (il «Suicidio della Rivoluzione» aveva predetto il grande filosofo cattolico, Augusto Del Noce) e si è concluso con l'abbandono completo dell'ispirazione messianica e religiosa del marxismo e con la perdita di ogni eroica tensione operaistica per diventare un partito radicale di massa, attento solo ai diritti individuali di minoranze «arcobaleno», ambientaliste ed animaliste, ed alleato alla grande finanza internazionale.

 

 

Non si era mai visto che un partito di sinistra diventasse il maggior sostenitore ed il porta bandiera del più accreditato banchiere d'Europa, dell'uomo che rappresenta con prestigio ed autorevolezza i circoli più esclusivi della finanza internazionale. Eppure a questo ruolo Enrico Letta e la sua classe dirigente hanno ridotto il Pd che avrebbe dovuto rappresentare invece gli operai, i pensionati, le micro partite Iva ed i piccoli proprietari di case. E cosi ha perso collegi elettorali come quello di Sesto San Giovanni, l'antica Stalingrado italiana, come era definita una volta per la presenza di fabbriche e masse di operai quella cittadina alle porte di Milano, facendo vincere con una larga maggioranza (45,59% a 30,78%) Isabella Rauti contro Emanuele Fiano, uno degli uomini di partito della nomenclatura pidiessina.

 

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