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La partita elettorale si gioca sulla credibilità: la vera urgenza è il caro-energia

Mario Benedetto
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I dati delle ultime ore sul sentiment degli italiani rispetto alla campagna elettorale danno molte risposte e spiegano due fenomeni in particolare, ovvero: il rapporto di fiducia tra elettori e politica, da un lato, e l'affermazione di alcune leadership, dall'altro. L'ultimo sondaggio dell'Istituto Piepoli indica con precisione le priorità degli italiani: in cima alla lista quella di contenere l'aumento del prezzo delle bollette, dei beni di consumo (49% per entrambe), poi la riduzione del livello di disoccupazione (43%), l'aumento di salari e pensioni (42%). Seguono il contenimento del prezzo del carburante, la riduzione delle tasse sino ad arrivare al miglioramento delle infrastrutture, alla crescita demografica, la cresciuta culturale tra i giovani e l'armonia tra le classi sociali. Roba da «Paese reale» verrebbe da dire. Si perché questi numeri confermano la sensazione che il «buon senso» già ci detta, mettendo però chiaramente in ordine quello che per i cittadini diventa urgente, non rimandabile. Quelle che per loro sono questioni reali. Come vediamo, c'è la vita di tutti i giorni a farla da padrona. In chiusura di classifica, ci sono le questioni, per così dire, più culturali. C'è un popolo che è attento alla sua crescita, che è attento alle questioni della parità, ma antepone ad esse, quasi come fossero un presupposto, la situazione delle loro tasche e delle risorse che hanno per vivere, occuparsi della famiglia. Con un'intelligenza e una sensibilità che sembrano andare oltre quella di molti che sono chiamati a rappresentarli.

 

 

Qui arriviamo al primo dei due fenomeni che citavamo, quel rapporto di fiducia che rischia di diventare divario e distanza tra rappresentati e rappresentanti. Sono quelle indicate le questioni rispetto alle quali le persone si aspettano risposte e proposte. Riconoscono quando mettersi dalla parte del popolo significa solo usare il loro linguaggio, ma non interpretare i loro bisogni. È da qui che la politica deve ricominciare, ed è anche tardi, partendo proprio dalla campagna in corso. Nella quale, e veniamo al secondo punto, si distingue chi interpreta questi messaggi e incarna al meglio un valore che sembra ormai destinato ai libri di storia della politica: la credibilità. È da qui che leadership come quelle di Giorgia Meloni crescono e si affermano, senza difendere posizioni, ma alla conquista di avamposti. Non limitandosi a compattare consensi esistenti, ma guadagnandone di nuovi. Si può raccontare quel che si vuole, ma quello che rende il consenso non solo effettivo ma - parola magica - duraturo, è la credibilità sulla quale esso si edifica.

 

 

Ci sono anche altri rappresentanti di ordine, grado e fazione, che hanno dimostrato di saperlo usare, per natura e per vocazione, per carità. In questa fare, però, sembrano non pagare alleanza tra realtà distanti ideologicamente o, in altri casi, postume perché frutto di precedenti intese fallite. La notizia è che la credibilità rappresenta un valore democratico, a disposizione di tutti. E benefico per tutti: per chi costruisce un consenso solido e per chi lo accorda, con il proprio voto, sapendo di poter creare un duraturo rapporto di fiducia. Quello in cui ancora confidiamo tutti.

 

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