Le ingerenza della Chiesa sulla politica e l'atavico livore contro il centrodestra
La Chiesa non ha mai offerto un particolare modello di vita sociale, né si è mai legata a nessun sistema politico e ha sempre invitato i propri ministri ed i movimenti ecclesiali a mantenersi fuori da ogni partito politico e ad evitare di dare appoggi preferenziali a questa o quell'organizzazione al fine di conservare meglio la propria libertà nell'opera di evangelizzazione della realtà politica e di evitare di creare inutili divisioni nel popolo di Dio. Ciò non significa che non incoraggi i suoi fedeli laici a prendere coscienza della propria responsabilità nella comunità politica ed a vivere in maniera matura la propria fede. Mai però si era visto che un responsabile di un grande movimento ecclesiale prendesse una posizione così contraria ad alcune forze politiche, che, oltretutto, rappresentano oltre il 40% del popolo italiano.
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È accaduto recentemente con l'articolo apparso pochi giorni fa sul «Corriere della sera» a firma di Andrea Riccardi, che si è schierato apertamente, mettendo in bocca ad alcuni leader affermazioni che nemmeno lui, che scrive, sa se siano corrispondenti al vero. Infatti quando fa dire a Matteo Renzi «vedete, sono loro (nda. La Chiesa) che hanno bisogno di noi, non noi di loro» e sottolinea che si tratta di «Una battuta forse non vera» ma fa capire che il leader di «Italia Viva» non gode ormai più del gradimento di alcuni movimenti ecclesiali progressisti (cattocomunisti).
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Quando poi nello stesso articolo Riccardi scrive che Matteo Salvini avrebbe detto tempo fa ad un prelato «Abbiamo in percentuale più voti noi di quanta gente va messa». Anche se il leader della Lega ha mostrato devozione e il suo slogan elettorale «Credo» pretende di avere qualche valenza religiosa, non solo si fa cattiva informazione, ma in maniera subdola si gettano ombre e sospetti sui due leader, che li renderebbero inaffidabili per il mondo cattolico. Per la verità, Renzi e Salvini nell'articolo citato se la cavano molto meglio della Meloni e di Fratelli d'Italia, sui quali si picchia veramente duro, quando si afferma che «Tra la destra e la Chiesa c'è una Grande distanza non facilmente colmabile».
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Un simile atteggiamento non si addice ad un Cristiano, per giunta ad un leader di un grande movimento, anche se dobbiamo riconoscere che questo livore nei confronti di tutto il mondo di Centrodestra viene da lontano; innanzitutto da quella «malattia che affligge i cattolici e che può essere mortale: il senso di subalternità nei confronti di altri progetti culturali» che tanti anni fa aveva biasimato il grande filosofo Augusto Del Noce; poi dalla malaugurata «scelta religiosa» dell'Azione cattolica; infine dalla continua presa di distanza dal cosiddetto «ruinismo», così viene definito in senso dispregiativo, quel progetto culturale, quella politica che nel corso della Seconda Repubblica, sotto la guida di san Giovanni Paolo II e del Presidente della CEI, Camillo Ruini, con il coordinamento del vescovo Rino Fisichella, riuscì a contrastare efficacemente la deriva laicista e radicale della politica italiana. Eppure proprio oggi, alla luce dell'irrilevanza della presenza cristiana nella società, sarebbe il momento di puntare all'unità di tutti i cattolici perché «esiste, deve esistere, un'unità fondamentale che viene prima di ogni pluralismo e che consiste nella fedeltà alla verità intera sull'uomo... l'unità dei cristiani su questa verità non ammette dissociazioni» (Inos Biffi).