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Lampedusa esplode: tutti i controsensi della sinistra sull'emergenza migranti

Riccardo Mazzoni
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Nel fantastico mondo della sinistra, l’ansia da prestazione elettorale fa incappare spesso in iperboli e contraddizioni talmente palesi da soverchiare perfino il consueto spargimento di fango e veleni, talmente abusati da non spostare più nemmeno un voto. Nelle ultime ore c’è stato un vero e proprio crescendo di sortite confliggenti sia col principio di realtà che con la narrazione buonista dell’accoglienza indiscriminata. Partiamo dallo scoop di un autorevole quotidiano d’area: l’aumento dei flussi migratori dalla Libia dopo la caduta del governo Draghi farebbe parte della strategia russa di destabilizzare l’Italia attraverso i famigerati mercenari della Wagner, che non si occuperebbero più di contrastare le forze di Tripoli a difesa della Cirenaica di Haftar, ma sarebbero stati investiti della missione di spingere in mare i barconi carichi di migranti, direzione Lampedusa. Una teoria suggestiva, smentita però dai numeri e dai fatti, visto che la rotta prediletta dagli scafisti resta quella che parte dalla Tripolitania, e che le partenze dai porti di Derna e Tobruk non hanno registrato significativi aumenti nell’ultima settimana. Ma il controsenso logico sta nel fatto che la sinistra ha sempre sostenuto che gli sbarchi di quest’anno non costituiscono alcun motivo di allarme, che l’immigrazione non è percepita come un’emergenza sociale dal Paese, e che quella dell’invasione è solo una storiella alimentata dalla propaganda della destra. Dunque, che interesse avrebbe Mosca a dirottare i mercenari scelti della Wagner, peraltro ridotti al minimo nel teatro libico dopo l’avvio della guerra in Ucraina, in un’operazione del genere? La Russia dispone di ben altri apparati per inquinare le democrazie occidentali.

 

 

E veniamo alla seconda questione, che dimostra plasticamente quanto il velo dell’ideologia porti a una visione distorta della realtà: Lampedusa ieri notte ha vissuto l’ennesima notte di assedio, con dieci distinti sbarchi e più di seicento arrivi, con l’hot spot di nuovo cinque volte oltre la capienza consentita e il sistema di accoglienza allo stremo. Dall’inizio dell’anno siamo ormai vicini a quota 40 mila, e il trend è destinato ad aumentare nelle prossime settimane. Ebbene, invece di sollecitare il Viminale ad uscire dal torpore, perché le emergenze vanno fronteggiate anche nel disbrigo degli affari correnti, il Pd non ha trovato di meglio che rispolverare un vecchio cavallo di battaglia: la «profonda modifica» della Bossi-Fini, tirando così la palla in tribuna per mascherare le proprie responsabilità. Che sono evidenti, visto che sono stati al governo dieci anni su undici, e tranne la parentesi Minniti non hanno fatto altro che alimentare l’immigrazione irregolare senza nemmeno riuscire a difendere in Europa l’interesse nazionale. La Bossi-Fini, approvata nel luglio del 2002, è certamente una legge perfettibile, ma difficile da giudicare nella sua applicazione concreta in quanto fu subito boicottata dalla magistratura, collezionando in un solo anno ben 261 eccezioni di incostituzionalità. Il caso più eclatante, in materia, resta quello di Agrigento, sotto la cui area di competenza rientra anche Lampedusa, dove a 12mila iscrizioni nel registro degli indagati fra gli immigrati per il reato di clandestinità seguirono altrettante richieste di archiviazione. Poi vennero i decreti Salvini, anch’essi ovviamente perfettibili, boicottati dai sindaci di sinistra che opposero la disobbedienza civile.

 

 

Ora il Pd si aggrappa al vecchio presupposto ideologico secondo cui la moltiplicazione dei clandestini in Italia sarebbe dovuta al fallimento della Bossi-Fini, in perfetta continuità con la linea di pensiero che mise all’indice le politiche restrittive di Minniti, considerate come l’humus in cui poi maturarono le vittorie di Salvini. Ma la strada da percorrere va nella direzione opposta, perché spetta ai governi italiani, non certo agli scafisti o alle Ong, decidere quanti e quali migranti possono entrare dentro i nostri confini. Una volta ristabilito questo principio, finiranno anche le liti elettorali sui decreti flussi, che le imprese reclamano a ragione.

 

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