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Roma, Roberto Gualtieri dimostri di essere all'altezza delle grandi sfide per il futuro

Riccardo Mazzoni
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«Roma rischia di essere un museo bellissimo ma senza entrare nel futuro. Speriamo che il prossimo Giubileo sia un’occasione di rilancio». Il monito del cardinale Zuppi, presidente dei vescovi italiani va preso terribilmente sul serio, perché la Capitale sta per beneficiare di una congiunzione astrale irripetibile grazie ai Giubilei del 2025 e del 2032 con in mezzo l’altro grande evento all’orizzonte: l’Expo del 2030. È una sorta di terno al lotto che non farà piovere stelle cadenti, ma un’autentica montagna di denaro da gestire (solo per il primo Giubileo un miliardo e mezzo di euro in tre anni). Siamo di fronte a un’opportunità storica, ma anche a una sfida talmente cruciale da chiedersi se la giunta Gualtieri, partorita con in mano il manuale Cencelli del Pd romano ne sia davvero all’altezza. Dopo l’incontro in Campidoglio con la von der Leyen, a cui ha mostrato la brochure dei progetti inseriti nel Next Generation Rome, il sindaco si è autopromosso definendoli come «esempio paradigmatico della messa a terra sui territori dei fondi». Più che un bilancio preventivo, un auspicio, ma la presentazione di una brochure è solo la copertina di un libro ancora tutto da scrivere, la cui qualità dipenderà dalla capacità politica della giunta e da una macchina burocratica nota per la sua lentezza: due elementi fondamentali sui quali è legittimo esprimere dubbi e riserve, visto lo stato in cui è ridotta Roma. Per cui prima di cantare vittoria sarebbe meglio studiare le esperienze positive del passato, volgendo magari uno sguardo attento all’Expo 2015 di Milano, che ha trascinato il rinnovamento urbanistico fungendo da catalizzatore per diversi progetti infrastrutturali che hanno lasciato il segno, anche se tutto non ha funzionato.

 

 

Expo 2030 può diventare il volano decisivo per la ripartenza di una città finora ripiegata sulla sua grande bellezza, che per arrivarci preparata non può fallire l’opportunità del Giubileo che la porterà ad accogliere 45 milioni di pellegrini. Il lavoro da fare è tanto e il tempo è poco, perché servono opere infrastrutturali speciali, manutenzione straordinaria e potenziamento dei servizi essenziali, a partire dalla gestione dei rifiuti, il principale buco nero lasciato in eredità dall’amministrazione Raggi su cui non c’è stato il colpo di spugna promesso da Gualtieri. Anzi: il ritardo finora è stato il metronomo che ha guidato la nuova giunta, dalla pulizia della città alla presenza dei cinghiali, un autentico boomerang nel momento in cui i flussi turistici sono tornati ai livelli degli anni pre-Covid e il centro dovrebbe essere una vetrina mondiale. Serve già un cambio di passo, dunque, per non perdere la strada nell’ingorgo dei miliardi in arrivo, anche perché il governo Draghi sta offrendo al sindaco un assist dietro l’altro, dal Pnrr al decreto sulle procedure accelerate per l’Anno Santo e per il miglioramento della viabilità. E l’accordo bipartisan in Parlamento su Roma Capitale potrebbe entro un anno conferire i poteri tipici di una regione, sul modello delle altre capitali europee, in settori chiave come trasporti, urbanistica, beni culturali e rifiuti.

 

 

Una legge che darà maggiore agibilità al Comune per la realizzazione del termovalorizzatore. Tutto sembra convergere, insomma, sulla riqualificazione di Roma, ma non è ancora ben delineato quel fil rouge strategico e sinergico che faccia intravedere una programmazione organica degli interventi. Basti pensare che solo il Pnrr e il fondo nazionale complementare porteranno a Roma più di otto miliardi di investimenti per la mobilità e per il turismo. Il progetto Caput Mundi prefigura dal punto di vista lessicale e immaginifico il futuro prossimo di Roma, e dalla sua rinascita dipende anche la ripresa del Paese. Gualtieri, il sindaco silente, deve sentire il peso di questa responsabilità e agire di conseguenza, volando più alto delle beghe del Pd romano. È il momento della politica, non dei politicanti.

 

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