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Covid, arriva il vaccino "modificato" ma la sperimentazione è diventata un optional

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Gianluigi Paragone
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Quello che sta accadendo nel mondo di Big Pharma ormai sfugge a qualsiasi radar che abbia seriamente a che fare con la medicina e la scienza. L'errore più grossolano che è stato commesso all'inizio della fase vaccinale e che reiteriamo in maniera acritica attiene alla sovrapposizione - incauta a dir poco - tra le cure e gli interessi delle multinazionali che hanno gestito il grande affare dei vaccini, con profitti inversamente proporzionali alle responsabilità da reazioni avverse. È di queste ore un'intervista rilasciata al Financial Times dal fondatore e amministratore delegato della BioNTech' s, Ugur Sahin.

Il senso è che il tempo stringe, le varianti incombono, i vaccini finora usati non generano protezione, quindi bisogna accelerare con sieri appositamente modificati. Anche a costo di bypassare i dati clinici e correre spediti verso le autorizzazioni alla commercializzazione. Insomma, siamo alle solite: creare o consolidare l'emergenza e poi far calare dall'alto la «soluzione miracolistica».

L'intervista è davvero un caso da studiare perché replica lo schema della prima campagna vaccinale contro il Covid, quella dove non si doveva perdere tempo contro un virus misterioso, quella dove i vaccini in fase sperimentale avrebbero salvato vite e evitato lo stop all'economia e avanti di questo passo senza che vi fosse alcun confronto di dati trasparente: l'emergenza incombeva. La comunità deve solo fidarsi, ciecamente, perché altrimenti le varianti prendono il sopravvento. Come evitare tutto questo dunque? Facendo prevalere l'utilità della soluzione rispetto alle lungaggini della sperimentazione.

In sostanza, evidenzia il guru di BioNTech' s, basterebbe un ritocco minimo con una modifica di alcuni aminoacidi nella proteina che combatte il Covid. Ugur Sahin ovviamente parla al quotidiano della City in concomitanza con i report e gli incontri che la Food and Drug Administration americana sta avendo con le aziende farmaceutiche rispetto all'aumento dei contagi e alla psicosi montante sulle varianti. In poche parole, Big Pharma è pronta ad un'altra grande abbuffata di profitto e si sta posizionando su chi arriva prima degli altri senza pagare dazio, non solo rispetto alla neutralizzazione delle responsabilità per le reazioni avverse ma anche circa la scarsissima efficacia delle terze e delle quarte dosi ancora oggi promosse dai governi.

Il dibattito sulla ennesima velocizzazione delle procedure di autorizzazione in nome dell'emergenza al momento stenta a decollare, soffocato dai timori della guerra e dal pallottoliere dei contagi. In Italia il governo balla sulle mascherine e pensa di riproporre la carta green pass per autorizzare al lavoro, e non dà risposte alle domande sempre più diffuse: perché tra i vaccinati aumentano gli infettati? Perché nessuno ha parlato della scarsa efficacia dei vaccini rispetto alle varianti? Perché non si affrontano, carte alla mano, le reazioni avverse causate dalle vaccinazioni?

Nei giorni scorsi intervistato da Panorama il dottor Galli, riferendosi al proprio caso personale, ha posto il dubbio su come il suo corpo stava reagendo al contagio da omicron preso dopo la terza dose: perché non si discute del monito lanciato? Così come non c'è una presa di posizione rispetto all'aumento delle dilazioni dei richiami a seguito della esposizione di cartelle mediche che raccontano di danni da vaccino. Va sempre tutto bene? Non credo, tant'è che i richiami ormai vanno a rilento. Tutti no vax? A settembre la campagna di Speranza e soci ripartirà. Ancora una volta nell'arroganza di chi nega la trasparenza dei dati e imporrà leggi per lo meno assai discutibili, che stavolta provocheranno grandi ribellioni.

Alla luce di tutto questo la decisione della Consulta sulla conformità dell'obbligo vaccinale sarà un grande momento di maturità del diritto rispetto all'emergenza perenne. 

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