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Basta sparare sugli incolpevoli imprenditori balneari

Riccardo Mazzoni
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La questione balneari è stata per il momento risolta con un sostanziale rinvio e con la delega al governo di scrivere nuove regole che non cozzino con gli input comunitari e con le sentenze di Consiglio di Stato e Cassazione, tutte convergenti sull'urgenza di mettere a gara le concessioni. Il caso spiagge è diventato così uno dei nodi cruciali della Concorrenza, anche se in realtà non è incluso nel Pnrr e in caso di inadempienza non metterebbe dunque a rischio i fondi europei. Ma lo scontro politico e il tam tam mediatico hanno ormai trasformato i balneari in un nodo nazionale della discordia assurto perfino agli onori, si fa per dire, dei talk show. Sullo spinoso tema si fronteggiano da sempre due correnti di pensiero. La prima, sostenuta dalla sinistra, ritiene che la categoria abbia goduto per decenni di privilegi assurdi, pagando una miseria allo Stato e facendo lautissimi guadagni, e quindi per valutare l'impatto della messa a gara delle concessioni non ci si dovrebbe concentrare sui costi degli esercenti o sugli indennizzi, ma sui benefici che ne deriverebbero agli utenti. Ergo: i contrari alla messa a gara difenderebbero la posizione di una minoranza di cittadini, la famigerata «lobby», a scapito della maggioranza che ne paga il prezzo.

 

 

Sull'altro fronte, il ragionamento viene ribaltato: la direttiva Bolkestein, che è all'origine di questa lunga battaglia, non andrebbe applicata alle concessioni balneari in quanto si tratta di beni e non di servizi, secondo l'interpretazione autentica data dallo stesso Bolkestein, ex commissario europeo per il Mercato interno, partecipando nel 2018 a un convegno delle associazioni di settore. Ma già due anni prima una sentenza della Corte di giustizia Ue aveva considerato contrarie alla direttiva le proroghe automatiche delle concessioni, per cui le gare si dovranno fare, anche se la mediazione finale trovata in Parlamento ha previsto alcuni paracadute come il rinvio al 2024 in caso di contenziosi e indennizzi per chi perderà la concessione. La previsione degli indennizzi peraltro è una novità assoluta, perché erano vietati dall'articolo 49 del Codice della navigazione. Ma lo strumento della legge delega mette nelle mani del governo la golden share del provvedimento, per questo nelle dichiarazioni di voto al Senato il centrodestra ha avvertito che vigilerà perché ci sia la tutela delle imprese familiari e perché venga scongiurato l'assalto delle multinazionali: le regole dovranno essere tali da non consentire acquisti in massa di decine di concessioni da parte della speculazione internazionale, o peggio della criminalità organizzata, già pronta a fare scarpetta.

 

 

Forse, allora, sui balneari in questi mesi si è sparato anche troppo. Le concessioni originarie servirono a dare lavoro alle famiglie povere, e si trattò quindi dello sfruttamento a fini sociali dei beni demaniali, che dovrebbero essere quindi esclusi dalle regole di mercato. Per cui «chi giustifica il ricorso alle aste in concorrenza libera a causa dei bassi canoni, mischia le mele con le pere - ha scritto l'ex parlamentare Maurizio Bianconi nella sua "Vocina" - ed è irragionevole tutelare un principio generico di libera concorrenza che confligge con la difesa del lavoro, dell'occupazione, delle microimprese e danneggia l'interesse nazionale». E qui si pone la domanda a cui il centrodestra implicitamente risponde quando annuncia di voler subito modificare le nuove norme se vincerà le prossime elezioni: la concorrenza è un valore assoluto o va anche bilanciato con la tutela dell'occupazione, dell'italianità e delle piccole imprese?

 

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