Referendum, un voto per una giustizia meno politicizzata
Quando è arrivata la notizia che la procura ha chiesto una condanna a 6 anni nei confronti di Silvio Berlusconi nell’ambito del Ruby Ter - il processo contro i testimoni che hanno osato far assolvere l’ex premier, fatto inaccettabile per i pm - quasi non ci si è fatto caso. Perché l’assurdo della repubblica giudiziaria in cui viviamo è che, ormai, sentire che il Cavaliere è sotto processo è diventata una sorta di consuetudine per l’opinione pubblica. Eppure, quella che Berlusconi ha subito è una persecuzione senza precedenti nella storia. Una vicenda che sarebbe finita con il carcere, come avviene nelle dittature per gli oppositori, se non avesse avuto dalla sua - per fortuna e per merito - la possibilità di pagare fior fior di avvocati.
Per parlare di persecuzione non serve essere elettori di Forza Italia, basta guardare ai numeri: contro di lui sono stati intentati ben 90 procedimenti giudiziari, per un totale di 3.800 udienze. Durante le indagini che hanno portato ai processi Ruby, pare siano state effettuate 180.000 intercettazioni. Se si considera che un’intercettazione classica ha un costo che arriva a 2,42 euro al giorno e quelle audio fino a 35 euro circa, mentre un trojan può arrivare alla cifra di 120 euro al dì e a questo vi è ovviamente da aggiungere il costo del personale e i costi extra, nonché il costo dei processi nel loro complesso, la domanda che sorge spontanea è: quanto ha speso lo Stato per soddisfare l’odio delle procure nei confronti del leader di Forza Italia? Quanto é costato ai cittadini spiare nella camera da letto di Berlusconi?
Quante risorse sono state impiegate per colpire il politico e quante invece per combattere la criminalità organizzata, i pedofili, gli stupratori, gli spacciatori?
D’altro canto, si può anche definire l’accanimento contro Berlusconi un vero e proprio processo al politico, sempre guardando alle date: prima della sua discesa in campo, il Cavaliere era stato lambito da un paio di indagini. Evento del tutto naturale nella vita professionale di qualunque grande imprenditore. L’affondo e la persecuzione al contrario iniziano casualmente quando sceglie di fare politica, commettendo l’imperdonabile errore di vincere le elezioni sconfiggendo gli eredi del Pci. Ebbene, anche non volendo addentrarsi nell’evidente vulnus democratico di un sistema in cui le correnti della magistratura utilizzano il potere giudiziario per colpire i politici, anche fingendo di credere che l’unica condanna subita da Silvio Berlusconi non sia stata una vendetta ma un giusto esercizio della giustizia, sono sufficienti i numeri a evidenziare la patologia. Una patologia la cui cura non può purtroppo chiamarsi riforma Cartabia, ma che può essere arginata andando a votare 5 sì ai referendum sulla giustizia del 12 giugno. Non perché siano la panacea di tutti i mali, ma perché se passassero, sarebbero un primo grande passo in avanti per riportare l’esercizio della giustizia nell’alveo democratico.