Ci teniamo le mascherine perché Speranza è in campagna elettorale
Vi sembra normale parlare di ulteriore mantenimento delle mascherine? Già la data di fine obbligatorietà fissata a metà giugno rasentava la scemenza più che il rigore scientifico, ma adesso che il ministro Speranza non molla il colpa e ne invoca un'ulteriore proroga in vista degli esami di maturità e sui mezzi di trasporto, onestamente non c'è molto da commentare. Qui si tratta di calare le carte e dirla tutta.
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Obbligare bambini e adolescenti a indossare l'ormai mitologico presidio oltre il termine delle lezioni, diventa un esercizio di violenza provata, di un bullismo di Stato bello e buono, esercitato per non perdere lo spazio elettorale di una quota di italiani fanatici e/o spaventati a tal punto da vivere con la mascherina come fosse una coperta di Linus consolatoria o un ciuccio di quelli che riportano all'infanzia. Se da un lato l'ex assessore all'Urbanistica di Potenza si vanta del bonus psicologo (gliene pagheremmo uno noi, bravo, per una terapia profonda; chissà mai che si accorga di quel che ha fatto in questi mesi), dall'altro prosegue a cagionare danno e insicurezza tra i più piccoli d'età. Perché lo fa, mi domandano. Poiché è ormai noto che non vi è alcuna risposta seria, non possiamo non vedere un calcolo elettorale su un target piddino e dintorni. Solo questo ritorno dà un senso a tanta scemenza.
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I calcoli elettorali sono un passaggio consuetudinario a ridosso delle elezioni e un ministro espressione di un partito bene al di sotto della soglia di sopravvivenza necessita della capitalizzazione di una azione. Roberto Speranza è il campione della intransigenza sulle mascherine, del vaccinismo senza se e senza ma, del green pass o del super green pass e di altre disposizioni all'insegna dell'emergenza Covid. È con questo atteggiamento rigorista che viene valutato ben oltre il suo partito, riscuotendo un successo personale che non possiamo sottostimare: in Italia non mancano i rigoristi. Il problema di Speranza sarà però di diversa natura: la rabbia dei genitori (anche molti vaccinati).