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Ucraina, la guerra dei droni. La centralità dei velivoli dopo due anni

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La guerra in Ucraina ha definitivamente confermato la centralità dell’utilizzo di droni nei moderni conflitti. I velivoli senza pilota, ormai usati per colpire e non solo per attività di ricognizione, hanno dimostrato di poter infliggere perdite enormi a eserciti imponenti, ma privi di un adeguato sistema di difesa. All’origine della centralità dei droni in questa guerra vi è stata l’incapacità di entrambe le parti di prendere il controllo dello spazio aereo a causa dei sistemi di difesa integrati in dotazione a entrambi gli eserciti. Uno stallo che ha spinto Kiev a seguire una strategia ben precisa, utilizzando i droni per sopperire alla differenza di forze in campo. L’Ucraina ha usato a proprio favore i vantaggi dell’uso di velivoli divenuti nei mesi sempre più piccoli e non rilevabili dai radar nemici, oltre che letali, economici, facili da manovrare e rapidi da produrre. In Ucraina i droni hanno ridotto la cosiddetta ’catena della morte', vale a dire il lasso di tempo che passa dal momento in cui il nemico viene individuato a quando viene annientato. Attività di ricognizione, attacchi mirati oltre le linee, monitoraggio del nemico, sono tutte attività strategiche fondamentali che in questa guerra sono state affidate a velivoli senza pilota.

 

 

Allo stesso tempo il conflitto ha accelerato la ricerca e lo sviluppo dei droni da combattimento. Kiev ha prodotto e utilizzato droni che vanno dalle dimensioni del palmo di una mano, fino a velivoli di 500 chili per colpire e rallentare l’avanzata russa. Mosca è scesa in campo forte del proprio esercito e solo in un secondo momento ha capito l’importanza dei droni nell’influenzare l’andamento del conflitto, pagando questo ritardo a caro prezzo. Nel primo anno di conflitto i piccoli droni ucraini sono stati utilizzati per sganciare granate sulle postazioni russe, mentre i grandi TB2 Bayraktar di produzione turca, infliggevano centinaia di milioni di dollari di danni agli armamenti del Cremlino, arrivando fino ad affondare la nave russa Moskva. Il presidente russo Vladimir Putin ha risposto, tardivamente, con l’acquisto di centinaia di droni kamikaze iraniani, gli Shahed-136 che hanno messo in difficoltà le difese aeree ucraine. Tuttavia proprio le nuove tecnologie e la produzione industriale di queste armi costituiscono la principale carta da giocare in futuro per Kiev.

 

 

 

Il governo ucraino punta a produrre velivoli senza pilota capaci di colpire fino a mille chilometri di distanza, il che significherebbe mettere nel mirino obiettivi all’interno dei confini russi. Particolarmente significativo l’accordo siglato con l’azienda turca Baykar, che consente all’Ucraina di produrre componenti dei famigerati TB2. A livello di tecnologie in campo in una prima fase del conflitto sono stati decisivi i già citati TB2 Bayraktar arrivati dalla Turchia. Dotati di razzi e armi pesanti e difficilmente identificabili dai radar russi (come già avvenuto in Libia ndr), i droni disegnati dal genero del presidente turco Recep Tayyip Erdogan hanno permesso di colpire obiettivi importanti e di sfondare lo spazio aereo che Mosca pensava di controllare. Perdite pesanti che hanno spinto i russi a correre ai ripari, al punto che l’esercito russo può ora identificare e colpire questi grandi droni turchi. Kiev ha risposto passando a un più massiccio di droni di piccole dimensioni. Secondo quanto dichiarato dal vice premier ucraino Mykhailo Fedorov, nel 2023 la produzione interna del Paese ha raggiunto i 300 mila droni, senza contare i velivoli ricevuti da Paesi alleati. 

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