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Ratifica del Mes, il no dell'Italia blocca l'unione bancaria

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A Bruxelles il no dell’Italia alla ratifica del Mes brucia tra i Paesi dell’Eurogruppo e nessuno sa ancora come uscirne. A parole tutti dicono di voler rispettare la decisione del Parlamento italiano, ma in realtà nessuno vuole archiviare la riforma avviata nel 2019 e che ha visto la ratifica degli altri 19 paesi dell’eurozona. «La buona notizia - ha detto il presidente dell’Eurogruppo, Paschal Donohoe - è che il nostro sistema bancario continua a essere ben capitalizzato. Ciononostante, la mancata ratifica di questo trattato rivisto significa che i nostri sforzi per costruire un’unione bancaria continuano a mancare di un sostegno comune al Fondo di risoluzione unico e continuano a mancare di uno strumento potente per aiutarci ad affrontare gli effetti delle difficoltà bancarie». Roma, è il sottotesto, blocca il completamento dell’Unione bancaria. Ma il leader dell’Eurogruppo garantisce che non verrà risparmiato «alcuno sforzo per continuare a dialogare con il ministro Giorgetti e vedere se c’è una via da seguire». Per il direttore generale del Mes, Pierre Gramegna, il no dell’Italia «è un’occasione mancata per rendere l’area dell’euro più resiliente e un’occasione mancata per rafforzare l’unione bancaria».

Diverse sono le conseguenze che ne derivano: il sostegno comune per il fondo di risoluzione unico non sarà istituito o non potrà funzionare, così come non ci sarà l’aggiornamento degli strumenti precauzionali del Mes, né si potrà attuare l’accordo che il Mes ha negoziato con la Commissione sui nuovi programmi. Il Fondo Salva-Stati rimane coinvolto con i Paesi membri «per vedere come affrontare le questioni in sospeso». Anche ascoltando fonti diplomatiche Ue, sembra difficile che si modifichi un Trattato già ratificato da 19 paesi, piuttosto si potrebbe puntare a creare e diffondere una nuova narrativa positiva sul nuovo trattato per l’opinione pubblica e politica in Italia. Il commissario all’Economia, Paolo Gentiloni, riassume in una frase il giudizio sulla situazione: «Rispetto per le decisioni del Parlamento, rammarico, volontà di andare avanti». «Certamente c’è rammarico per la decisione. Il parlamento è sovrano, ma il rammarico deve tradursi nella spinta per trovare il modo per risolvere questa questione -esorta l’ex premier -, perché non possiamo evitare una possibilità di utilizzo di queste risorse, che peraltro è sostenuta dalla quasi totalità dei paesi europei». Il commissario ha portato alla riunione dei ministri delle Finanze dell’eurozona anche le preoccupazioni dell’Esecutivo Ue sui possibili impatti della crisi nel Mar Rosso, «che per il momento non sembra creare conseguenze sui prezzi dell’energia e sull’inflazione, ma riteniamo che la situazione debba essere monitorata molto attentamente, perché queste conseguenze potrebbero concretizzarsi nelle prossime settimane». Un primo riscontro lo si avrà il 15 febbraio, quando la Commissione europea presenterà le sue previsioni economiche invernali.

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