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Medio Oriente, bimba uccisa in Cisgiordania e reporter morti in raid

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Una bambina palestinese di quattro anni è morta durante un attacco contro un checkpoint di Gerusalemme est, non lontano dalla città di Biddu, in Cisgiordania. La piccola, secondo la polizia israeliana, è stata colpita «accidentalmente» dai proiettili esplosi dagli agenti nel tentativo di neutralizzare le due persone a bordo della vettura che ha investito una guardia di frontiera, ferendola lievemente. Morti anche gli attentatori, un uomo e una donna. A Jenin, sempre in Cisgiordania, un raid aereo condotto con droni dalle forze di Tel Aviv ha provocato la morte di almeno sette persone, mentre un’agente della polizia di frontiera israeliana, la sergente 18enne Shay Germay, ha perso la vita nell’esplosione di una bomba che ha colpito il veicolo su cui viaggiava. E ancora: un israeliano è stato colpito a morte in Cisgiordania. Una domenica di sangue che non ha risparmiato i giornalisti: due sono morti in un attacco israeliano a ovest di Khan Younis, nel sud della Striscia di Gaza. Il 29enne Hamza Al-Dahdouh, uno dei reporter uccisi, era il figlio del direttore dell’ufficio di Al Jazeera a Gaza Wael Al-Dahdouh. Insieme a lui ha perso la vita il freeleance Mustafa Tharaya. In un altro raid nella Striscia è poi morto Ali Salem Abu Ajwa, giornalista anche lui, oltre che nipote dello sceicco Ahmed Yassin, che fondò Hamas a Gaza nel 1987 e ne fu il leader spirituale finché non fu ucciso da Israele nel 2004. Al Jazeera ha condannato «fermamente» l’uccisione dei giornalisti da parte di Israele che ha l’obiettivo di «scoraggiare» i reporter «dallo svolgere la loro missione, violando i principi della libertà di stampa». Per Hamas Israele mira a «intimidire i giornalisti nel tentativo fallito di oscurare la verità e impedire la copertura mediatica».

Mentre il segretario di Stato americano, Antony Blinken, ha parlato di: «Tragedia inimmaginabile». Morti che aggravano il bilancio di tre mesi di guerra. Nella Striscia di Gaza, stando al locale ministero della Sanità, i palestinesi morti nell’operazione israeliana sarebbero oltre 22mila e 800. A soffrire dell’offensiva sono soprattutto i bambini. Secondo Save The Children ogni giorno nell’enclave più di 10 minori perdono un arto. Tel Aviv, da parte sua, dopo aver annunciato lo smantellamento delle capacità militari di Hamas nel nord dell’enclave ha rivendicato l’uccisione, nella stessa zona, di 8mila miliziani negli attacchi lanciati in risposta ai massacri del 7 ottobre. La crisi è al centro del nuovo tour diplomatico, il quarto dall’inizio della guerra, di Blinken, che in Giordania ha incontrato il re Abdullah II, prima di recarsi in Qatar. Il sovrano giordano ha messo in guardia il funzionario Usa sulle «ripercussioni catastrofiche» della guerra a Gaza. Blinken ha risposto alle preoccupazioni di Amman sui possibili piani israeliani per un reinsediamento dei palestinesi da Gaza e dalla Cisgiordania, sottolineando «l’opposizione degli Stati Uniti allo spostamento forzato dei palestinesi» da entrambi i territori. Dell’argomento ha parlato anche il presidente israeliano, Isaac Herzog, sostenendo che il reinsediamento «non è assolutamente la posizione del governo israeliano, del parlamento israeliano o dell’opinione pubblica israeliana». Resta viva la preoccupazione americana per una possibile estensione del conflitto al Libano. Funzionari Usa sentiti dal Washington post hanno affermato che il premier israeliano, Benjamin Netanyahu, potrebbe volere una vera e propria guerra con Hezbollah per una questione di tornaconto politico. Proprio da Netanyahu è arrivato un severo monito ai miliziani libanesi: «Hezbollah impari ciò che Hamas ha già imparato negli ultimi mesi, nessun terrorista è immunè ha avvertito.

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