Medio Oriente, razzi Hezbollah su Israele. Borrell: "No escalation"
Crescono le preoccupazioni per un possibile, nuovo, aggravamento della crisi in Medioriente con una partecipazione diretta di Hezbollah. Una raffica di razzi lanciati dai miliziani libanesi ha colpito il nord di Israele. Il gruppo ha rivendicato l’attacco, definito come una «prima risposta» all’uccisione del leader di Hamas Saleh al-Arouri a Beirut. «Abbiamo colpito una delle basi più importanti di Israele, la base di comando Meron per la sorveglianza e il controllo aereo, con 62 razzi e missilì», ha poi commentato il leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah, parlando di una reazione «inevitabile» alla morte di Al-Arouri che, sostiene, ha cambiato la natura del conflitto con Israele. La replica di Tel Aviv non si è fatta attendere: aerei da combattimento dell’Idf hanno attaccato una serie di siti gestiti da Hezbollah nelle aree di Aita al-Shàab, Yaron e Ramya. Tra gli obiettivi anche un sito di lancio ed edifici militari. La necessità di prevenire un’escalation regionale è stata al centro degli incontri in Libano dell’Alto rappresentante Ue per la Politica estera e di sicurezza, Josep Borrell. «Abbiamo concordato di lavorare insieme attraverso la diplomazia per raggiungere la de-escalation e la stabilità a lungo termine, che sono nell’interesse di tutti», ha affermato Borrell dopo il colloquio con il premier libanese, Najib Mikati. Mentre dal capo della missione Unifil, Aroldo Lazaro, il numero uno della diplomazia di Bruxelles è stato informato «sugli attuali rischi di escalation lungo la Blue Line».
Al Lazaro è stato quindi «ribadito il forte sostegno dell’Ue alla missione Onu, che svolge un ruolo cruciale nel prevenire e mitigare l’escalation». Della crisi in Medioriente si è discusso anche a Istanbul, dove il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, ha ricevuto il segretario di Stato americano, Antony Blinken che ha «ha sottolineato la necessità di prevenire l’espansione del conflitto e di lavorare per una pace più ampia e duratura che garantisca la sicurezza di Israele e faccia avanzare la creazione di uno Stato palestinese». Erdogan, da parte sua, ha criticato i continui attacchi israeliani su Gaza per le conseguenze sulla popolazione palestinese. All’incontro ha partecipato anche il ministro turco degli Esteri, Hakan Fidan, che ha sottolineato come la «crescente aggressione israeliana» a Gaza rappresenti «una minaccia per la regione». Ankara, ha proseguito Fidan, continua a sostenere la necessità di un cessate il fuoco immediato ed esorta Tel Aviv a iniziare «il prima possibile» i negoziati per una soluzione a due Stati della crisi. Per Blinken si tratta della quarta missione diplomatica nella regione in appena tre mesi. In programma ci sono tappe in Cisgiordania, Qatar, Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita, Israele, Cisgiordania ed Egitto. Alla vigilia del suo arrivo in Turchia al segretario di Stato americano si è rivolto, in un videomessaggio, il capo dell’ufficio politico di Hamas Ismail Haniyeh, che lo ha esortato a «concentrare la sua visita sulla fine degli attacchi al popolo palestinese e sulla strada per porre fine all’occupazione». Sull’onda delle nuove tensioni, compresa l’uccisione di al-Arouri, gli sforzi diplomatici per una nuova tregua hanno registrato una frenata. A Gaza l’operazione israeliana prosegue e continua a mietere vittime. Dall’inizio del conflitto, stando all’ultimo aggiornamento del locale ministero dell’umanità, i palestinesi uccisi hanno superato quota 22mila e 720 unità, cui si aggiungono oltre 58mila e 166 feriti, soprattutto donne e bambini.