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Migranti, Johansson presenta il "pacchetto" europeo sulle quote

Angela Barbieri
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Dovere di solidarietà in caso di «situazioni di crisi», senza obbligo di ricollocamenti, ma anche un sistema di "screening" dei migranti sbarcati che penalizza i Paesi di confine come l’Italia. Con attenzione alla responsabilità della gestione dell’asilo e alla disciplina sui residenti di lungo periodo. È l’insieme del pacchetto del Patto per le migrazioni e l’asilo su cui la Commissione europea punta a strappare un accordo tra gli Stati al Consiglio Ue, possibilmente già domani nella riunione in Lussemburgo a cui parteciperà il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi. La commissaria agli Affari interni, Ylva Johansson, presentando il nuovo piano d’azione per il Mediterraneo occidentale, si è mostrata più ottimista del solito, ma non esclude che l’accordo venga fatto a maggioranza qualificata. Sarebbe la prima volta nella tradizione comunitaria dove sulle migrazioni si è sempre legiferato all’unanimità.

Tuttavia gli Stati del Med5 - Italia, Spagna, Grecia, Cipro e Malta - sostengono che dato che la riforma del sistema di asilo europeo ha un impatto particolare sugli Stati membri frontalieri, la logica maggioritaria, pur se formalmente applicabile al negoziato, non possa esser applicata nel concreto. Non si possono escludere gli Stati maggiormente toccati. Tradotto: si può andare avanti con il voto contrario di Ungheria o Polonia ma non di Spagna o Italia. Uno dei punti di maggiore attrito riguarda il difficile (finora impossibile) equilibrio tra la solidarietà e la responsabilità. La responsabilità è richiesta ai Paesi di primo arrivo come l’Italia (con l’identificazione, la registrazione e la prima accoglienza), mentre la solidarietà dovrebbe essere compito dei Paesi secondari, con i ricollocamenti dei migranti appena sbarcati. «La nostra proposta non prevede i ricollocamenti obbligatori, bensì la solidarietà obbligatoria. E questa è anche la proposta dell’attuale presidenza del Consiglio Ue», ricoperta dalla Svezia, «ed è stata anche quella della precedente presidenza» che spettava alla Repubblica Ceca. «Prenderemo la decisione in Consiglio a maggioranza qualificata», ha aggiunto la commissaria.

 

 

 

«Troveremo un compromesso. Vedremo come sarà equilibrato, ma è assolutamente necessario: non si può chiedere ad alcuni Paesi il ricollocamento mentre altri non fanno nulla. Non sarebbe una soluzione sostenibile, ci vuole equilibrio nella solidarietà nei confronti dei Paesi che sono sotto pressione», è il principio. La Commissione, che preme per l’approvazione finale del testo prima delle elezioni europee del giugno 2024, secondo la proposta confermata dalla plenaria di Strasburgo, si riserva il potere di dichiarare la «situazione di crisi» in caso di esplosione di arrivi (vedi le crisi Libia, Tunisia, Siria). Ai sensi del nuovo sistema, gli Stati potranno scegliere come aiutare i Paesi di destinazione dei flussi impegnandosi al ricollocamento dei richiedenti asilo o garantendo altre forme di sostegno. Un’ipotesi è che gli Stati membri dovrebbero pagare una compensazione pari a 22mila euro per ogni migrante di cui rifiutano il ricollocamento. In situazioni eccezionali sarebbero ammessi anche trasferimenti obbligatori e deroghe alle procedure di screening e asilo.

Il pacchetto di proposte - già votato dal Parlamento a Strasburgo - include anche nuovi criteri per determinare la responsabilità dei Paesi Ue nel trattamento di una domanda di asilo (i cosiddetti criteri di Dublino) e l’equa ripartizione delle responsabilità. È ciò che viene rivendicato dai Paesi del Nord in contrapposizione alla solidarietà richiesta dai Paesi del Sud. Le nuove regole, se confermate, stabiliranno inoltre una stretta sullo screening dei cittadini di Paesi terzi alle frontiere Ue. Le persone che non soddisfano le condizioni di ingresso di uno Stato membro saranno soggette all’identificazione, al rilevamento delle impronte digitali, ai controlli di sicurezza e alla valutazione preliminare dello stato di salute e della vulnerabilità. «Nella mia proposta, tutti hanno diritto a presentare la domanda di asilo e ad avere una valutazione della propria richiesta. Ma se vieni da un Paese con un tasso di riconoscimento molto basso, e ad esempio non sei una persona vulnerabile né un minore non accompagnato, dovresti avere una procedura accelerata già ai confini», ha evidenziato Johansson, perché«non ha senso che persone provenienti da Albania, Pakistan o Turchia vengano trattate allo stesso modo di persone che arrivano da Afghanistan, Siria e Sudan».
 

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