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Economia, i dati della Commissione Ue: il Pil dell'Italia cresce più dell'Europa

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L'Italia cresce più dell'Europa. Sono i dati che emergono dalle stime della Commissione europea. Le previsioni economiche di primavera pubblicate dalla Commissione Ue indicano una crescita del Pil reale in Italia in calo dal 3,7% nel 2022, all’1,2% nel 2023 e all’1,1% nel 2024. La tendenza sarà provocata, spiega l’esecutivo europeo, dall’aumento dei prezzi che rallenta i consumi privati ma sarà controbilanciata da una crescita degli investimenti, sostenuti dalle misure del governo e dall’attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. La Commissione europea prevede che, nel 2023, il Pil reale crescerà in Germania e Francia (prime due economie dell’Ue) rispettivamente dello 0,2% e dello 0,7%, per poi superare il ritmo di crescita dell’economia italiana in entrambi i Paesi a un tasso medio nel 2024 con il 1,4%.

 

 

 

L’Eurozona in media dovrebbe crescere dell’1,1% nel 2023 e dell’1,6% nel 2024 (l’economia dell’Unione europea invece rispettivamente dell’1,0% e dell’1,7%). Si prevede un continuo calo dell’inflazione nel prossimo biennio. Il tasso dovrebbe scendere al 6,1% quest’anno grazie al calo dei prezzi dell’energia, e diminuire ulteriormente al 2,9% nel 2024 (nell’area euro scenderà prima al 5,8% nel 2023 e poi al 2,8% nel 2024). Deficit ugualmente in calo, ma dovrebbe rallentare anche il ritmo di riduzione del debito pubblico. Il rapporto deficit/Pil, eccezionalmente in aumento nel 2022 al -8,0% per via della situazione relativa al Covid-19 e all’impennata dei prezzi dell’energia, scenderà nel corso dell’anno corrente al -4,5% alla fine di quest’anno, e al -3,7% nel 2024. Anche la spesa primaria è destinata a scendere di 800 milioni di euro, per via della riduzione del bonus edilizio e i risparmi garantiti da un intervento di revisione della spesa. Il rapporto debito pubblico/Pil scenderà dal 144,4% nel 2022, al 140,4% nel 2023, e si manterrà pressocché stabile al 140,3% nel 2024. La Commissione europea prende atto del più alto ritmo di crescita dei contratti a tempo indeterminato rispetto al numero di contratti a termine a cui si è ricorsi nel 2022. Un «segnale del fatto che i datori di lavoro hanno più fiducia nel futuro», si legge nella relazione.

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