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Ue, verso il nuovo patto di stabilità. La soddisfazione di Paolo Gentiloni

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La Commissione europea presenterà mercoledì 26 aprile la sua proposta legislativa di riforma del Patto di Stabilità. Dopo un lungo percorso di consultazioni pubbliche e con gli Stati membri, iniziato nell’autunno 2021, verrà messo sul tavolo il nuovo schema della governance economica che guiderà le politiche fiscali dell’Unione europea per i prossimi anni. Il testo è frutto di un compromesso tra i falchi del Nord Europa, guidati dalla Germania, da sempre attenti al rigore delle finanze, e i paesi del Sud, tra cui Francia e Italia, che da tempo chiedono di allentare le regole per poter avere più spazio fiscale per la ripresa e la crescita.

Alla vigilia della presentazione, il commissario all’Economia, Paolo Gentiloni, si dice «soddisfatto» della proposta elaborata. Fino all’ultimo Berlino ha tentato di fare pressione per ottenere norme più stringenti ma la Commissione europea non vuole ripetere certi errori del passato che hanno compresso gli investimenti, come dopo la crisi economica del 2008. «La solidità delle finanze pubbliche è un prerequisito per consentire la crescita economica nell’Ue. Dobbiamo assicurarci di disporre di riserve di bilancio per potenziali crisi future», ha avvertito il ministro delle Finanze tedesco, Christian Lindner, in un intervento sul Financial Times, «il nostro obiettivo è rafforzare il Patto di stabilità e crescita, non indebolirlo. Abbiamo bisogno di più responsabilità». Per l’Esecutivo Ue, invece, l’idea è quella di creare dei piani quadriennali specifici per ogni Paese, da negoziare con i singoli governi proprio come è stato fatto con il Next Generation Eu, declinato in Italia con il Pnrr. I criteri di Maastricht - rapporto tra deficit pubblico e Pil non superiore al 3% e quello tra debito pubblico e Pil non superiore al 60% - rimarranno, anche perché servirebbe una modifica dei trattati, ma di fatto, non essendo mai stati applicati, vengono superati nella pratica con la logica dei percorsi concordati di riduzione del debito. In modo «realistico e graduale», per dirla con il commissario Gentiloni.

Il prossimo anno tornerà in vigore il vecchio Patto dopo 3 anni di sospensione dovuta prima alla crisi del Covid e poi a quella della guerra in Ucraina. Difficile che il nuovo Patto sarà già in vigore da gennaio, per questo la Commissione nei suoi orientamenti delle politiche fiscali ha voluto introdurre già degli elementi di flessibilità che anticipano la futura governance e che saranno introdotti nelle prossime raccomandazioni per Paese che l’Esecutivo Ue emetterà a maggio. Torneranno, invece, le procedure per eccesso di debito e su questo Roma dovrà fare molta attenzione. Per l’Italia, da sempre sotto la lente per l’alto debito - nel 2022 era al 145% del Pil, secondo solo alla Grecia - si tratta comunque di una svolta, perché potrà negoziare un piano di rientro che tenga conto delle specificità storiche delle finanze nazionali e chiedere lo scorporo di alcuni investimenti. Quasi certamente verranno esclusi dal computo della spesa pubblica gli investimenti green, su cui l’Ue ha incentrato la sua politica e allentato anche gli aiuti di Stato, così come quelli per il digitale. Più difficile, invece, sarà ottenere le deroghe per gli investimenti per la difesa, su cui il governo vorrebbe puntare per arrivare al 2% di spesa del Pil, obiettivo posto dalla Nato. Anche se non ufficialmente all’ordine del giorno, la riforma sarà oggetto di un primo giro di discussione al tavolo dei ministri delle Finanze Ue riuniti nell’Ecofin informale a Stoccolma venerdì e sabato. Poi inizierà il lungo percorso di negoziazione tra i colegislatori.

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