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Ucraina, "difesa aerea congiunta". Scatta il piano dei Paesi nordici

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Dopo la visita di Xi Jinping da Vladimir Putin a Mosca, la diplomazia europea si muove verso Pechino nel tentativo di ottenere dei progressi che portino alla fine della guerra in Ucraina. I prossimi giorni saranno intensi per il presidente cinese Xi: in Cina uno dopo l'altro si recheranno prima Pedro Sanchez il 30 e 31 marzo, poi Emmanuel Macron a inizio aprile, e la novità è che ad accompagnare Macron ci sarà anche la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen. Ma non solo: in realtà prima ancora di Sanchez arriverà in Cina il presidente del Brasile Lula, che ha rinviato di un giorno la partenza per una lieve polmonite ma dovrebbe vedere Xi martedì 28 marzo e, secondo il Financial Times, intende proporre un "club della pace" per mediare e porre fine al conflitto.

In questo clima di profonda incertezza sul possibile piano di pace i Paesi nordici uniscono le forze e pianificano la difesa aerea da eventuali attacchi. I comandanti delle forze aeree di Svezia, Norvegia, Finlandia e Danimarca hanno firmato una lettera di intenti per creare una difesa aerea nordica unificata con l'obiettivo di contrastare la crescente minaccia della Russia. L'intenzione è quella di poter operare congiuntamente sulla base di modalità già note di operare sotto la Nato, secondo le dichiarazioni delle forze armate dei quattro Paesi.

Se la Cina dovesse fornire armi alla Russia questo "prolungherebbe il conflitto in Ucraina e certamente lo amplierebbe potenzialmente non solo nella regione ma a livello globale", è stato l'avvertimento del capo del Pentagono, Lloyd Austin, che ha precisato in ogni caso che gli Stati Uniti non hanno prove in tal senso.

Mentre Pechino ha rivendicato che "la Cina sta svolgendo un ruolo costruttivo nella risoluzione della crisi russo-ucraina": "Gli Stati Uniti non fanno altro che aggiungere benzina al fuoco e impedire gli sforzi di altri Paesi per i colloqui di pace, cosa vogliono gli Stati Uniti?", è stata la domanda della Cina a Washington per bocca di una portavoce del ministero degli Esteri.

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