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Erdogan vede il premier della Svezia: non c'è il via libera all'adesione alla Nato

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La visita del premier svedese Ulf Kristersson in Turchia non ha portato al via libera all’ingresso nella Nato da parte del presidente Recep Tayyip Erdogan. Il leader turco ha ribadito che per ritirare il veto all’allargamento e dare il via libera alla ratifica da parte del parlamento aspetta che tutti gli impegni presi dalla Svezia nel protocollo siglato lo scorso giugno a Madrid vengano rispettati. «La Svezia chiede di entrare nella Nato perché preoccupata per la propria sicurezza, ma anche la Turchia è preoccupata per la propria sicurezza e vuole che la Svezia lo comprenda», ha detto Erdogan. Il presidente turco ha dichiarato di aver accolto con favore la fine dell’embargo sulla vendita di armi che il paese scandinavo aveva applicato nei confronti della Turchia nel 2019, un’altra delle condizioni poste da Ankara che però non ha mai costituito un reale ostacolo, perché il nodo reale è e resta la richiesta di estradizione dei presunti terroristi cui Stoccolma garantisce asilo, oltre alla tolleranza nei confronti di manifestazioni e raccolte fondi a sostegno dei separatisti curdi del Pkk/Ypg. 

 

 

«Quando i nostri cittadini vedono le immagini di queste persone nelle strade di Svezia e Finlandia, con le insegne di un’organizzazione terroristica vogliono una spiegazione», ha ribadito ancora Erdogan, che non è entrato nello specifico delle estradizioni, limitandosi a ribadire di attendere un numero non specificato di terroristi. Quattro sono quelli già rispediti in Turchia dalla Svezia, ma uno in particolare il giornalista Bulent Kenes, si è meritato la menzione del presidente. Kenes è stato per anni alla testa di un quotidiano in inglese che era il megafono dell’organizzazione di Fetullah Gulen, l’uomo che ha organizzato il tentato golpe del 2016. «L’estradizione di questo terrorista è molto importante per noi». Non è un caso che il leader turco abbia diretto la propria attenzione su Kenes. Negli anni in cui Erdogan e Gulen erano alleati contro lo strapotere dei militari il quotidiano Zaman ha fatto il gioco del partito Akp del presidente. Con la rottura consumatasi a inizio 2012 tra Erdogan e Gulen il quotidiano ha cambiato linea, passando a criticare e accusare il governo di Erdogan, all’epoca premier, fino a mettere in campo una vera e propria macchina del fango per colpire l’attuale presidente e la sua famiglia. Kenes è fuggito in Svezia all’indomani del fallimento del golpe del 2016, e i suoi legami con Gulen sono conclamati.

 

 

Rimane tuttavia il dubbio che queste condizioni non siano sufficienti a renderlo un ‘terrorista’ per la giustizia svedese. Dubbi che evidentemente ha anche Erdogan, che a Kenes ha dedicato una menzione particolare non a caso. Kristersson ha scelto una linea accomodante sin dalla propria elezione. Si è subito reso disponibile a recarsi in Turchia e appena arrivato nel Paese ha garantito che il governo svedese non avrebbe avuto nessun contatto con Pkk o con l’ala siriana Ypg e annunciato la costituzione di un gruppo di lavoro congiunto tra i parlamenti dei due Paesi. «Voglio rassicurare tutti i turchi sul fatto che la Svezia considera il Pkk un’organizzazione terroristica e che la Svezia manterrà tutti gli impegni presi contro il terrorismo. Siamo consapevoli del fatto che la Turchia combatte contro queste organizzazioni terroristiche e vogliamo dare il nostro contributo», ha detto Kristersson in conferenza stampa. Il premier svedese già la scorsa settimana aveva preso le distanze dallo Ypg, attivo in Siria, ma «vicino al Pkk che minaccia la Turchia». Passi non da poco, in un Paese che ha basato le proprie leggi sull’asilo e la propria politica estera su principi basati sul rispetto dei diritti umani. Posizioni che espongono Kristersson a dure critiche da parte dell’opinione pubblica all’interno del Paese, ma non ancora sufficienti a garantire il via libera da parte di Erdogan.

 

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