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Elezioni midterm, mondo appeso al voto negli Usa. Decisivo per Nato e guerra in Ucraina

Paola Tommasi
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Il risultato delle elezioni di oggi per il rinnovo del Congresso degli Stati Uniti determinerà le sorti del mondo, non solo degli Usa o di Joe Biden e del partito democratico americano. La Camera dei Rappresentanti è data quasi certamente a maggioranza repubblicana mentre il Senato è ancora contendibile, sebbene anche quest' ultimo paia destinato ad essere guidato dal partito di opposizione.

La posta maggiore in gioco per tutti, anche per noi, è la posizione che da domani gli Stati Uniti prenderanno sull'invasione russa dell'Ucraina. Continueranno a finanziare lautamente la resistenza del popolo aggredito oppure ridurranno il sostegno, spingendo magari Zelensky a sedersi a un tavolo di trattative con Putin ridimensionando le sue pretese?

E se così fosse, quali sarebbero gli effetti a cascata sull'alleanza atlantica e sui Paesi che fanno parte della Nato, Italia inclusa?

 

Questo sul fronte internazionale, ma anche quello interno è ricco di interrogativi. Primo: se arriveranno davvero a controllare entrambi i rami del Parlamento americano, i repubblicani si vendicheranno di tutte le indagini subite nei primi due anni di Presidenza Biden? Due esempi su tutti: potrebbero essere rallentate oppure annacquate le indagini sull'attacco alla sede del Congresso a Washington del 6 gennaio 2021 mentre se ne potrebbero aprire di nuove sui rapporti finanziari del figlio del Presidente, Hunter Biden, non da tutti considerati chiari e trasparenti con Ucraina e Cina. Qualcuno nutre addirittura il dubbio che possano aver perfino influenzato le decisioni di politica estera del Presidente, in questi due anni ma anche in passato quando era il Vice di Barack Obama. Secondo: Biden ha alzato molto i toni dello scontro politico dichiarando che in gioco a queste elezioni c'è la democrazia.

 

Ma se vincessero i repubblizeranno non solo l'agenda del governo americano per il prossimo biennio ma anche le decisioni che Biden e il suo partito prenderanno in vista delle elezioni presidenziali del 2024. Dopo una sonora sconfitta al voto di metà mandato, il Presidente uscente avrà il coraggio di ricandidarsi? Due precedenti illustri, Bill Clinton nel 1996 e Barack Obama nel 2012, dimostrano che dopo aver perso le midterm i Presidenti in carica hanno avuto una sorta di «rimbalzo» e il consenso nei loro confronti ha ricominciato a crescere, tanto che entrambi sono stati poi rieletti due anni dopo.

 

Dal lato dei repubblicani è tornato a far sentire la propria voce Donald Trump. Se il suo partito oggi vince nelle urne, lui si ricandida. E se scende in campo l'ex Presidente non ce n'è per nessun altro, incluso quel Ron De Santis governatore della Florida che non nasconde le proprie ambizioni. Ma Trump ragiona per gradi, e siccome personalizza sempre lo scontro politico, questa volta ha preso di mira la Presidente della Camera dei Rappresentanti, Nancy Peloci. Sua acerrima nemica, donna di sinistra estrema, the Donald non vede l'ora di mandarla a casa «una volta per tutte», come va dicendo nei comizi, ricevendo applausi scroscianti. Che poi a casa proprio non ci andrebbe, se è vero come appare che Joe Biden la manderebbe come premio di consolazione a fare l'ambasciatore a Roma. Nei primi mesi di quest' anno, fra inflazione che cominciava a dare segni di aumento e guerra in Ucraina, i democratici erano dati per spacciati nei sondaggi, poi d'estate hanno approvato provvedimenti di grande impatto sull'opinione pubblica (quasi tutti di spesa in deficit) e anche la sentenza della Corte Suprema sull'aborto ha dato una forte spinta al consenso, ma adesso il clima negli Usa è nuovamente cambiato e le paure sull'andamento dell'economia e sulla sicurezza nelle città ha riportato i repubblicani in vantaggio. Neanche Stati una volta considerati fortemente democratici come California, Oregon e Stato di New York garantiscono il solito serbatoio di voti. Il 20 novembre Joe Biden compirà 80 anni, che compleanno sarà per il Presidente? Manca ormai poco per saperlo. 

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