Ucraina, parla Nelli Feroci: "Non ci sono ancora spiragli per una soluzione diplomatica"
Il presidente dell'Istituto Affari Internazionali: "Il Cremlino ha fatto capire che si tratta solo alle sue condizioni"
«È la risposta russa all'attentato al ponte di Kerch. Una attacco ad una infrastruttura strategica di cui non è ancora chiara la responsabilità, ma Putin ha preferito colpire indiscriminatamente utilizzando più di 80 missili e credo 17 o 18 droni verso obiettivi civili. Sono state colpite circa 13 città, prevalentemente obiettivi civili e non militari. Una manifestazione di forza che a mio avviso risponde ad alcuni obiettivi». Ne è convinto Ferdinando Nelli Feroci, presidente dell'Istituto Affari Internazionali.
Quali sono questi obiettivi?
«Il primo è sul fronte interno. Gli attacchi con i missili servono per mettere a tacere le critiche della componente nazionalista e radicale dell'establishment russo, che stava accusando il ministro della Difesa e le forze armate di condurre l'operazione militare speciale in maniera non sufficientemente efficace. Il secondo è mandare un messaggio a Zelensky e all'Ucraina per segnalare che la Russia intende proseguire con la sua operazione militare. Malgrado le sconfitte sul terreno e i successi della resistenza Ucraina, Mosca può ancora colpire come e quando vuole. Il terzo obiettivo è l'ennesimo messaggio all'Occidente che la Russia non ha intenzione di allentare la morsa sull'Ucraina e non pensa minimamente di avviare una interlocuzione diplomatica per una soluzione politica del conflitto».
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Questo allunga i tempi della guerra?
«Secondo me non ci sono oggi, come non c'erano ieri, spiragli per una soluzione politica del conflitto. Spero di sbagliare, ma direi che da parte russa non c'è nessuna intenzione di mettere in moto un processo negoziale se non alle condizioni russe».
Quali sarebbero queste condizioni?
«Una conferma dell'annessione dei territori su cui si sono svolti i referendum del tutto privi di qualsiasi legittimazione. Ed è ovvio che questa condizione, posta in maniera molto diretta ed esplicita da Putin, non è accettabile né dall'Ucraina né dall'Occidente che ha preso le difese di Kiev. Quindi, il mio timore è che il conflitto sia destinato a durare. Si tratta di vedere con quale intensità. C'era da augurarsi una riduzione dell'intensità dei combattimenti. Ma quello che è successo a Kiev e Zaporizhzhya e in altre città ucraine dimostra che il conflitto rischia di provare ancora molte vittime e molti danni».
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L'India ha chiesto lo stop dell'escalation. India e Cina potrebbero svolgere quel ruolo di mediazione che fino ad ora non è stato svolto?
«Non so se ci sia da parte di questi due Paesi l'intenzione di assumere un ruolo attivo nella mediazione, però sarebbe molto importante che Paesi significativi, appunto come l'India e la Cina, prendessero le distanze in maniera più esplicita dalla Russia, o che perlomeno assumessero un atteggiamento meno ambiguo. Finora, a conti fatti, il dato più preoccupante è che Putin ha potuto contare su una certa solidarietà, a volte implicita e altre esplicita, di un numero molto consistente di Paesi non appartenenti all'area dell'Occidente. E questo evidentemente lo rafforza nella sua determinazione e convinzione che sta conducendo una battaglia contro l'Occidente insieme a tutto il resto del mondo. Se Cina, India e altri paesi significativi sullo scacchiere internazionale cominciassero a prendere le distanze e a rendersi conto che questa violazione di principi fondamentali del diritto internazionale va contro i loro interessi e manifestassero il loro dissenso a Putin, questo forse potrebbe modificare i dati della situazione complessiva e indurlo ad un atteggiamento meno arrogante e aggressivo. Uno sviluppo di questo tipo non sarebbe sufficiente da solo perché Putin ha un fronte interno sul quale si è molto esposto cui dare soddisfazione. È pertanto difficile che possa sospendere le ostilità o fare marcia indietro senza aver ottenuto qualche risultato. Però, il venir meno della solidarietà di Paesi come la Cina e l'India potrebbe modificare il quadro».
"Lo incontro se..." Il messaggio di Biden a Putin apre uno spiraglio
Il ministro degli Esteri russo Serghiei Lavrov ha dichiarato che la Russia è pronta a considerare un'eventuale proposta di incontro tra Putin e Biden al G20 di novembre in Indonesia se questa venisse inoltrata. Lo ritiene possibile? Sarebbe un segnale positivo per l'avvio di un cessate il fuoco?
«Un incontro tra Biden e Putin sarebbe senza alcun dubbio uno sviluppo positivo. Perché si possa concretizzare occorre però che venga preparato con molta cura. Dovrebbe essere un incontro all'esito del quale i due Presidenti possano annunciare qualcosa di tangibile nella direzione di una sospensione delle ostilità e magari di una soluzione politica del conflitto. Qualcosa che possa essere speso dai due Presidenti per dare una qualche soddisfazione alle rispettive "constituencies". Un incontro che serva solo per ribadire le proprie posizioni servirebbe a poco o nulla. E in conclusione allo stato attuale non mi sembra che ci siano ancora le condizioni per un vertice Biden-Putin».