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Come e quando finirà la guerra in Ucraina, Natathalie Tocci a Omnibus: la previsione su Putin

Giada Oricchio
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I referendum farsa per l'annessione dei territori ucraini di Donetsk, Lugansk, Zaporizhzhia e Kherson alla Russia si stanno svolgendo senza cabine nei giardini, negli asili, nelle case sotto gli occhi di uomini incappucciati e armati. La croce va fatta su un foglio che non si piega da infilare in un’urna di vetro.

Se ne parla a “Omnibus”, il talk mattutino di LA7, sabato 24 settembre. Nathalie Tocci, direttrice dell’Istituto Affari Internazionali di Roma, ha analizzato gli ultimi avvenimenti e l’accelerazione di Vladimir Putin a distanza di 7 mesi dall’invasione dell’Ucraina: “Questo voto è chiaramente un atto di disperazione. E’ un referendum farlocco organizzato in fretta e furia. E la mobilitazione non è parziale come annunciato. Si parla di 1 milione e 200mila persone, non 300mila. Putin sa che un’eventuale sconfitta segnerà anche la sua sconfitta personale cioè la sua caduta e forse anche un’eventuale implosione dello stato russo”. Questi referendum - non riconosciuti dalla comunità internazionale e il cui risultato sul sì all’annessione alla madre patria russa si dà per scontato – hanno come scopo di consentire al leader del Cremlino qualsiasi mossa, compresa quella nucleare, per difendere il territorio acquisito in modo fraudolento.

Tuttavia, secondo la politologa,  più che un’escalation militare reale, da parte di Putin c’è il tentativo di mettere paura all’Occidente. Altro tema caldo è la fuga di centinaia di migliaia di russi, più o meno giovani, dopo l’annuncio della mobilitazione generale: code chilometriche al confine con la Finlandia, aerei presi d’assalto e diserzioni nelle regioni più fredde e remote della Russia. Scappano dalla guerra e l’Occidente si chiede se sia giusto concedere loro il diritto d’asilo considerando le sanzioni in atto. “E’ un punto controverso – ha ammesso Nathalie Tocci -. Personalmente sono favorevole all’asilo. Però è chiaro che ci si chiede perché  scappano solo adesso che c’è la mobilitazione e non lo hanno fatto prima? Prima non erano indignati per l’invasione dell’Ucraina? Si autodefinivano non politicizzati, neutri, adesso invece interessa tanto da fuggire”.

L’editorialista ha spiegato che è venuto meno il patto sociale non scritto tipico di tutti gli Stati autoritari come la Federazione russa: “Le persone che manifestano o vanno via ci raccontano che si è rotto il contratto sociale. Nei Paesi autoritari tutto si regge su un punto cardine: il regime lascia tranquilli e dà stabilità ai cittadini che in cambio devono stare buoni e zitti e sostenere il regime. Nel momento in cui non c’è più un’apparente tranquillità perché la guerra entra nelle case russe e ti sonvolge, crolla tutto e il vecchio contratto non regge più”.

 

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