Carlo III, l'agghiacciante giudizio dello psichiatra: “Re orfano”. Il gesto sorprendente
A che cosa sono dovuti gli ultimi comportamenti di Re Carlo III? A rispondere è lo psichiatra Carlo Mencacci, co-presidente Società italiana neuropsicofarmacologia, che invita a leggere i gesti del neo sovrano - a volte anche caratterizzati da scatti improvvisi come in occasione dell’inconveniente della penna non funzionante - come quelli di una persona qualunque in una condizione di lutto. Come i gesti di un uomo che ha dovuto indossare la corona nell’attimo in cui ha perso la madre. È un re che esercita la sua missione essendo appena diventato orfano, e un orfano che vive il suo dolore mentre deve già assolvere ai suoi doveri di re: «Carlo vive in maniera contemporanea la condizione di essere un orfano re o un re orfano. È una condizione che mette insieme un inondamento di emozioni che sono tra di loro contrastanti, mette insieme la tristezza con la rabbia».
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«In condizioni di normalità - spiega Mencacci all’Adnkronos - tutto questo non avrebbe previsto una serie di situazioni e di impegni pubblici. Il lutto normalmente è caratterizzato da un rallentamento delle cose, dal poter sperimentare una emersione del dolore, una condizione di tristezza e una sensazione fisica anche del dolore. Sono tutte emozioni, però, alle quali Carlo non può cedere. Deve invece costantemente portare un’attenzione e una concentrazione su situazioni esterne. E quello che succede dentro il suo animo dovremmo visualizzarlo come un incredibile rimbalzo. Come qualcosa che era rimasto sottotraccia, a volte è stato detto anche schiacciato, che improvvisamente perdendo il peso viene anche rimbalzato da un punto di vista comportamentale, con alcune manifestazioni emozionali di transitorio discontrollo».
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Quello che si vede in questi giorni, dunque, non può essere collegato al carattere personale di Carlo. «Come diremmo per ogni persona - invita a considerare Mencacci - questi sono periodi in cui le persone vanno lette proprio in questo crogiuolo di contemporaneità, di emozionalità. Sono le emozioni che emergono. Noi non siamo sempre stati abituati a vedere questa famiglia manifestare le emozioni. E quando le vediamo, e magari sono delle emozioni per così dire sgradevoli, le commentiamo più negativamente. Ma sono emozioni che sperimenta chiunque di noi quando è sottoposto a una pressione emotiva così forte, così concentrata e così contemporanea. Perché è la contemporaneità evidentemente la chiave di lettura». Carlo, conclude l’esperto, «non ha avuto il tempo e la possibilità di vivere e affrontare questo dolore. In ogni caso sta vivendo un cambiamento della sua esistenza più profonda per il quale, per quanto uno possa essere stato preparato a lungo, non c’è mai la preparazione sufficiente. Quindi le emozioni vengono fuori ed è un tratto che dobbiamo cogliere come simile a tutti gli altri».
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