Condannata a 45 anni di carcere per un tweet contro re e principe
Una donna saudita sarebbe stata condannata a 45 anni di carcere lo scorso 9 agosto per aver «sfidato» il re e il principe ereditario del Paese su Twitter. È quanto risulta dal testo della sentenza fornito dall’organizzazione Democracy for the Arab World Now all’agenzia France Presse, che non ha avuto modo di verificarli. Le autorità di Riad non hanno risposto a richieste di chiarimento.
La pesante condanna inflitta a Nourah al-Qahtani, rivelata la scorsa settimana, è arrivata meno di un mese dopo la controversa visita del presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, nel regno. Secondo il documento, la corte ha stabilito che Nourah al-Qahtani, 50 anni, aveva «usato il social network Twitter per sfidare la religione e la giustizia» del re Salman e del principe ereditario Mohammed bin Salman, de facto sovrano del regno.
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Con i suoi 600 follower, questa madre di cinque figli è stata condannata per aver chiamato «a partecipare ad attività che turbano l’ordine pubblico e minacciano la sicurezza», postando «tweet falsi e malevoli», insultando «simboli e funzionari di Stato» e chiesto «la liberazione dei detenuti per reati contro la sicurezza». L’account della signora Qahtani, si legge nel documento del tribunale, pubblicava tweet che criticavano il governo e l’immagine del profilo presentava un hashtag che chiede una protesta antigovernativa.
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L’ultimo messaggio della donna è datato luglio 2021, mese in cui era stata arrestata prima di essere condannata in primo grado a sei anni e mezzo di reclusione e al divieto di lasciare il Paese. L’accusa, tuttavia, aveva fatto appello, chiedendo e ottenendo una condanna molto più dura. Il documento del tribunale afferma che il legale della signora Qahtani ha sottolineato che la sua cliente non aveva precedenti penali e non aveva fatto altro che twittare. «Non ci sono prove che abbia comunicato con un’entità terroristica», ha detto l’avvocato, descrivendo Nourah al-Qahtani come «pentita». Il 9 agosto, un’altra donna, Salma al-Chehab, era stata condannata a 34 anni di carcere per aver «aiutato» i dissidenti a «destabilizzare lo Stato» condividendo i loro tweet.